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Il creditore non deve notificare il decreto di esecutorietà ma ha l’onere di menzionarlo nel precetto.

È noto che il decreto ingiuntivo non opposto nei termini e nei modi previsti dalla legge è un valido titolo esecutivo che consente al soggetto che vanta un qualche credito di iniziare il procedimento di esecuzione forzata nei confronti del debitore. Esso, infatti, è dichiarato esecutivo dal giudice che lo ha pronunciato, a norma dell’art. 647 c.p.c.

Tanto premesso, occorre chiedersi se il creditore, una volta che il decreto ingiuntivo è stato dichiarato esecutivo, debba procedere ad una nuova notifica dello stesso oppure possa procedere direttamente alla notifica del precetto, cioè dell’atto prodromico al procedimento di esecuzione forzata.

Sulla questione è di recente tornata la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2093 del 25 gennaio 2022, precisando che “il precetto fondato su decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione non deve essere preceduto da un’ulteriore notifica del provvedimento monitorio, ma deve fare menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula esecutiva, nonché della data di notifica dell’ingiunzione”.
Ciò posto, la Suprema Corte ha altresì chiarito – richiamando a riguardo il proprio precedente Cass., n. 24226 del 30/09/2019 – che l’omessa menzione nell’atto di precetto del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo comporta la nullità del precetto, deducibile con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

La mera menzione dell’apposizione della formula esecutiva non è sufficiente a surrogare la menzione del provvedimento che dichiara l’esecutorietà in quanto si tratta di menzioni diverse, distintamente previste dal legislatore. Le due menzioni, infatti, corrispondono a due diverse attività e garanzie per l’ingiunto. Ricorda sul punto con chiarezza la Cassazione che:

  • la dichiarazione di esecutorietà, da parte del giudice, attesta la verifica sulla regolarità delle notificazioni e il legale decorso dei termini per l’opposizione;
  • l’apposizione della formula esecutiva, da parte del cancelliere, autorizza invece il richiedente legittimato all’utilizzo del documento contenente il titolo a fini coattivi o ad avvalersi dell’organo esecutivo.

La vicenda concretamente giunta all’attenzione della Suprema Corte, in particolare, riguardava l’opposizione agli atti esecutivi proposta da un debitore a fronte della notifica, nei suoi confronti, di un precetto il quale, essendo fondato su decreto ingiuntivo, non menzionava il provvedimento del giudice che ai sensi dell’art. 647 c.p.c. ne aveva disposto l’esecutorietà.
Il Tribunale aveva tuttavia rigettato l’opposizione, ritenendo sufficiente la menzione, contenuta nel precetto, della data in cui il decreto ingiuntivo era stato notificato, della mancata opposizione e della data in cui era stata apposta la formula esecutiva. Per il giudice di merito, infatti, era implicito che l’autorità giudiziaria che aveva apposto la formula esecutiva coincidesse con quella che aveva emesso il decreto ingiuntivo e che ne aveva dichiarato l’esecutorietà.
Il debitore, dunque, aveva proposto ricorso in Cassazione, lamentando – con esclusivo riferimento a quanto qui di interesse – la violazione degli articoli 480 e 654 in quanto il precetto non indicava né l’autorità che aveva dichiarato l’esecutorietà né il provvedimento con cui era stata apposta la formula esecutiva: la Suprema Corte, sulla base delle considerazioni innanzi riportate, ha dunque ritenuto fondata tale impugnazione.



 

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