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L’omessa o erronea indicazione degli elementi formali del precetto (ex art. 480 c. 2 c.p.c.) non ne determina automaticamente la nullità, se l’esigenza d’individuazione del titolo esecutivo risulti soddisfatta da altri elementi contenuti nel precetto stesso come, ad esempio, l’indicazione dell’autorità promanante, la data di emissione del decreto ingiuntivo, la data di notifica del precetto. Pertanto, la validità dell’atto di precetto va valutata in virtù del principio di conservazione, che impedisce la pronuncia di qualsiasi nullità in presenza di omissioni meramente formali, che non precludono al debitore di sapere chi sia il creditore, quale sia il credito e quale sia il titolo che lo sorregga.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza 28 gennaio 2020, n. 1928 (testo in calce).

Sommario

La vicenda

Un creditore otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore e gli notificava l’atto di precetto con intimazione di pagamento dell’importo di circa 30 mila euro. L’ingiunto proponeva opposizione agli atti esecutivi deducendo la nullità del precetto per mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo. Nelle more, il debitore adempiva la propria obbligazione e l’opposizione veniva rigettata per sopravvenuta carenza di interesse. Tuttavia, il giudice condannava l’opposto al pagamento delle spese di lite per soccombenza virtuale. Infatti, se l’opposizione fosse stata esaminata nel merito, sarebbe risultata fondata. Il creditore-opposto ricorre per Cassazione.
Prima di analizzare il decisum, ricordiamo brevemente lo schema processuale relativo alla notifica dell’atto di precetto fondato su un provvedimento monitorio divenuto esecutivo per mancata opposizione.

Il precetto fondato sul decreto ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo

L’atto di precetto fondato su un provvedimento monitorio divenuto esecutivo per mancata opposizione segue il seguente schema:

  1. non deve essere preceduto dalla notifica del decreto ingiuntivo esecutivo (art. 654 c. 2 c.p.c.),
  2. deve indicare l’avvenuta apposizione della formula esecutiva (art. 654 c. 2 c.p.c.),
  3. deve indicare la data di notifica del decreto ingiuntivo (art. 480 c. 2 c.p.c.).

La ratio di questa disciplina è da ricercarsi nell’esigenza che il debitore possa individuare in modo chiaro l’obbligazione della quale gli si chiede l’adempimento, nonché il titolo su cui si fonda. I suddetti principi sono pacifici sin dalla più risalente giurisprudenza della Suprema Corte[1].

Ciò premesso, passiamo alla disamina dei requisiti formali dell’atto di precetto.

I requisiti formali dell’atto di precetto

L’art. 480 c. 2 c.p.c. indica gli elementi che devono essere contenuti nel precetto, a pena di nullità:

  • l’indicazione delle parti,
  • la data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente,
  • la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge,
  • l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

Nel caso in esame, il creditore aveva ottenuto:

  1. un decreto ingiuntivo (non provvisoriamente esecutivo),
  2. lo aveva notificato al debitore,
  3. aveva ottenuto la formula esecutiva,
  4. successivamente, aveva notificato il precetto.

Infatti, nel caso di provvedimento monitorio non immediatamente esecutivo, l’ingiungente non è tenuto a notificare insieme al precetto anche il decreto ingiuntivo già notificato, ma deve indicare la data della prima notifica del provvedimento. Invece, nella fattispecie in esame, il creditore aveva omesso di indicare la data di notifica e da ciò il Tribunale aveva tratto il convincimento che l’opposizione fosse fondata.

Dichiarazione di nullità e raggiungimento dello scopo

Il Tribunale ha ritenuto la soccombenza virtuale del creditore opposto e lo ha condannato alla refusione delle spese di lite, considerando fondata la doglianza di nullità ex art. 480 c. 2 c.p.c. sollevata dall’opponente. Orbene, secondo la Cassazione, l’iter logico seguito dalla decisione gravata non è condivisibile, in quanto incompleto. Infatti, il giudicante avrebbe dovuto indagare sul raggiungimento dello scopo (art. 156 c. 3 c.p.c.), atteso che la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. A tal proposito, la Suprema Corte indica i tre passaggi logici che il giudice di merito deve seguire per dichiarare la nullità di qualsiasi atto (compreso il precetto). Occorre considerare:

  1. la ricognizione della fattispecie astratta,
  2. la ricognizione della fattispecie concreta,
  3. il raggiungimento dello scopo nonostante il vizio formale.

Quindi, in buona sostanza, occorre indagare i requisiti formali richiesti dalla legge per la validità dell’atto, successivamente accertare se gli elementi contenuti nell’atto coincidano con quelli prescritti per legge e, nel caso in cui vi sia dissonanza tra atto in astratto e quello in concreto, stabilire se l’atto abbia raggiunto il suo scopo. Utilizzando lo schema logico di cui sopra, il giudice di merito avrebbe dovuto compiere la seguente analisi:

  1. per legge, il precetto deve contenere la data di notifica del d.i. (art. 480 c. 2 c.p.c.),
  2. nell’atto di precetto concretamente notificato manca tale data,
  3. nonostante l’assenza della data, il precetto ha raggiunto il suo scopo? (art. 156 c. 3 c.p.c.)

Riassumendo, il precetto fondato su un decreto ingiuntivo non opposto e privo dell’indicazione della data di notifica di quest’ultimo è nullo, nondimeno occorre indagare, nel caso concreto, se tale omissione possa avere ingenerato qualche equivoco od incertezza nel debitore (ad esempio, perché esistevano altri rapporti di dare-avere tra le parti). Per contro, nella circostanza in cui l’omessa menzione della data non abbia frustrato la ratio della norma (ossia quella di rendere edotto il debitore della pretesa creditoria e di individuare il credito per il quale si chiede l’adempimento), si deve ritenere che l’atto di precetto abbia raggiunto lo scopo.

Conclusioni

Secondo il percorso argomentativo seguito dalla Corte di Cassazione, il giudice che abbia accertato la nullità, in astratto, del precetto deve accertare in concreto se quella nullità sia stata sanata dal fatto che nessuna incertezza fosse possibile, per il debitore, sull’individuazione del titolo esecutivo.  L’omessa o erronea indicazione degli elementi formali del precetto (ex art. 480 c. 2 c.p.c.) non ne determina automaticamente la nullità, se l’esigenza d’individuazione del titolo esecutivo risulti soddisfatta da altri elementi contenuti nel precetto stesso, ad esempio, l’indicazione dell’autorità promanante, la data di emissione del decreto ingiuntivo, la data di notifica del precetto (Cass. 6536/1987). I giudici di legittimità affermano che «gli elementi formali di un atto processuale, richiesti dalla legge nella indicazione della sua struttura tipica, sono funzionali allo scopo che l’atto processuale è destinato a conseguire: sono richiesti quegli elementi formali che sono indispensabili per il conseguimento dello scopo dell’atto; e se lo scopo risulta ugualmente raggiunto, non rileva la mancanza od incompletezza od imprecisione di un elemento formale. La forma dell’atto processuale, invero, non ha valore di per sé, ma è funzionale allo scopo dell’atto medesimo, in relazione al quale deve essere valutata la sua essenzialità; per cui non ne deve essere esasperata la rilevanza, ai fini della nullità o meno dell’atto, sino a considerarla come requisito autonomo, di per sé stante, avulso dallo scopo». In conclusione, la validità dell’atto di precetto va valutata in virtù del principio di conservazione, che impedisce la pronuncia di qualsiasi nullità in presenza di omissioni meramente formali, che non impediscono al debitore di sapere chi sia il creditore, quale sia il credito di cui chiede conto e quale il titolo che lo sorregga (Cass. 10294/2009).

CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N. 1928/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF

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[1] Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 1539 del 16/05/1968, Rv. 333242 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 843 del 15/03/1969, Rv. 339186 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3677 del 11/11/1969, Rv. 343920 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 1975 del 20/06/1972, Rv. 359093 01, fino alle più recenti Sez. 3 -, Sentenza n. 24226 del 30/09/2019, Rv. 655175 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 4705 del 28/02/2018, Rv. 647433 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 22510 del 23/10/2014, Rv. 633160 – 01.

 

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