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Il governo può tirare un respiro di sollievo. Nel 2025 il peso del “superbonus” sui conti pubblici sarà sensibilmente inferiore a quello del 2024, che aveva fatto schizzare il deficit ad oltre il 7% (il più alto fra i paesi dell’eurozona) e spinto Bruxelles ad aprire una procedura di infrazione contro l’Italia. Tutto merito della stretta sugli sconti per le ristrutturazioni nell’edilizia fortemente voluta dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. La svolta è arrivata ieri ed è tutta racchiusa in due paroline pronunciate dall’Eurostat, l’istituto di statistica europeo: “Non pagabile”.

Che cosa significa? Semplice: che il governo non dovrà conteggiare i crediti di imposta come debito al momento in cui maturano ma potrà spalmarli su più anni, fino a dieci. Era una notizia che Giorgetti ha atteso con molta tensione, anche se, qualche mese fa, aveva provato a stemperare il clima ricorrendo ad una metafora calcistica: “Sono un giocatore che sta aspettando che la Var decida definitivamente se è rigore o no”. L’ufficio statistico a Lussemburgo ora ha parlato, e il rigore non c’era. L’effetto dell’incentivo-chiave per le ristrutturazioni edilizie, resterà arginato sui conti pubblici degli anni scorsi. Di quest’anno saranno considerati invece “pagabili”, incidendo sul disavanzo, solo la minima parte delle spese per il Superbonus legate alle poche deroghe previste dalla legge.

Giorgetti ne ha parlato come di una “droga”, una “valanga”, una “allucinazione”, qualcosa di “radioattivo”. L’aveva detto insomma a più riprese di voler arginare l’effetto del Superbonus sui conti pubblici. In quella direzione va lo stop imposto nel dl di marzo, convertito a maggio in legge, prevedendo l’obbligo di portare la detrazione non più in quattro, ma in dieci anni. Il responso di Eurostat non cambia nulla per i cittadini, che devono già fare i conti con le modifiche alle norme varate a più riprese dall’esecutivo proprio per contenere i costi di una che ha giù superato quota 120 miliardi di euro. Anche se ieri la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, ha ridimensionato le “frodi” sul superbonus e ha invitato il governo ad una riflessione su questo tema: “Facciamo tesoro dell’esperienza, anche negativa, e di quella positiva. Forse degli animi più sereni” potranno mettere a punto “una riforma più strutturale e sostenibile da ora fino al 2024-50”.

Per ora, comunque, il nuovo criterio di contabilizzazione del superbonus renderà più facile la manovra economica dell’anno prossimo. Da inizio 2024 è tornato in vigore il Patto di stabilità ed è stata introdotta una radicale riforma della governance economica, che ha introdotto criteri stringenti anche sul rientro dei deficit pubblici in eccesso. Il 19 maggio la Commissione europea ha formalmente aperto la procedura per deficit eccessivo sull’Italia, oltre che per la Francia e altri cinque Paesi Ue. Dopo già un passaggio al Comitato Economico e Finanziario (Efc, i massimi vertici dei ministeri dell’economia Ue) i deficit eccessivi di Italia e altri sei finirà sul tavolo del Consiglio Ecofin del 16 luglio. L’avanzamento dell’iter non dovrebbe però portare a effetti concreti ancora per mesi: secondo le attese in questo primo anno con il nuovo Patto di stabilità solo a novembre arriverà la raccomandazione della Commissione su come far rientrare il disavanzo. Si calcola che, per l’Italia, il rientro nei parametri di Bruxelles potrebbe costare fra 10 e i 12 miliardi all’anno.

 

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