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Con decreto ex art. 316 bis c.c., viene imposto ai nonni paterni di provvedere ad una quota del contributo al mantenimento del minore, non avendo la madre i mezzi necessari ed essendo il padre inadempiente. Nel successivo procedimento promosso per ottenere la modifica del provvedimento, la nonna paterna chiede che sia chiamata in giudizio anche la nonna materna, ma il giudice di merito rigetta la richiesta, atteso che la seconda non è stata parte del procedimento che ha portato all’adozione del provvedimento.

La questione di diritto sottoposta ai giudici di legittimità è la seguente: il contraddittorio deve essere integrato evocando in giudizio anche la nonna materna?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 30 marzo 2023 n. 8980 (testo in calce), preliminarmente ricorda che l’obbligazione degli ascendenti ha natura sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori. In buona sostanza, tale obbligazione non sorge per il solo fatto che uno dei due genitori non provveda al mantenimento dei figli, se l’altro è in grado di provvedervi. Nell’ipotesi in cui ambedue i genitori non dispongano di mezzi sufficienti per mantenere la prole, l’obbligazione grava su tutti gli ascendenti di pari grado indipendentemente da chi sia il genitore inadempiente. In altre parole, grava su tutti e quattro i nonni, materni e paterni.

Ciò premesso, tornando alla fattispecie in esame, il Collegio corregge la motivazione della pronuncia gravata ed afferma che, in sede di richiesta di revisione o modifica del provvedimento, possono essere chiamati a partecipare soggetti diversi da quelli che hanno preso parte all’originario procedimento, avente oggetto diverso. In presenza di più ascendenti – in questo caso, i nonni – ogni coobbligato è tenuto nei limiti delle proprie condizioni economiche e proporzionalmente alla situazione degli altri soggetti. Pertanto, sussiste l’interesse ad evocare in causa anche l’altro soggetto coobbligato (nel nostro caso, la nonna materna) per fornire al giudice un quadro esaustivo circa le situazioni patrimoniali dei coobbligati. Nondimeno, non si tratta di un’ipotesi di litisconsorzio necessario ed il giudice non può ordinare d’ufficio l’integrazione del contraddittorio. Nella vicenda oggetto di scrutinio, la nonna paterna non ha evocato direttamente in giudizio la nonna materna ma ne ha chiesto la chiamata in causa, che non è stata accolta dal giudice di merito e tale decisione non è sindacabile in sede di legittimità.

Famiglia e diritto, Direzione scientifica: Sesta Michele, Ed. IPSOA, Periodico. Mensile di dottrina e giurisprudenza. Profili sostanziali, processuali, successori e tributari del diritto di famiglia.
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La vicenda: obbligo di mantenimento posto a carico solo dei nonni paterni

Con decreto del tribunale adottato ex art. 148 c.c. (attualmente art. 316 bis c.c.), i nonni paterni vengono condannati al pagamento a favore della nuora, a titolo di mantenimento del minore, dell’importo di 200 euro, quale quota parte dei 350 euro posti a carico del padre del minore in sede di separazione. L’uomo, infatti, si era reso inadempiente al versamento del contributo e la madre del minore non aveva redditi sufficienti per mantenere il piccolo. La nonna paterna (sia in proprio che come erede del defunto coniuge) si oppone, chiedendo che il contraddittorio sia esteso anche ai nonni materni, ma sia in primo che in secondo grado la sua domanda viene rigettata.

La Corte d’Appello qualifica il ricorso come istanza di modifica e revoca delle condizioni economiche stabilite dal decreto (vista la tardività dell’opposizione) e ritiene che il contraddittorio non vada esteso alla nonna materna – come stabilito dal primo giudice – atteso che quest’ultima non è stata parte nel giudizio che ha condotto all’adozione del decreto ex art. 316 bis c.c. Le condizioni economiche della madre del minore erano rimaste immutate mentre erano aumentate le esigenze di quest’ultimo in considerazione dell’età (ormai diciassette anni) e le condizioni della reclamante (ossia della nonna paterna) non erano peggiorate, anzi migliorate, stante l’eredità del marito (a cui il figlio aveva rinunciato).

La nonna paterna ricorre in Cassazione, lamentando che la sentenza gravata non abbia preso posizione sulla richiesta di integrazione del contraddittorio avanzata nei confronti della nonna materna.

Nonna materna non evocata in giudizio: integrazione del contraddittorio?

La nonna paterna lamenta che l’obbligo di contribuzione risulti gravante solo su di lei e non anche sulla nonna materna. L’ascendente di parte paterna è stata coinvolta in quanto ascendente del soggetto tenuto al versamento del mantenimento (il padre del minore). Nel giudizio intrapreso per ottenere la modifica del provvedimento, ella ha chiesto di chiamare in causa anche la nonna materna ma il giudice di merito ha disatteso la richiesta, stante la mancata partecipazione della nonna materna all’originario giudizio.

La questione da risolvere è la seguente:

  • l’ascendente di parte paterna può “proporre domanda di revisione della decisione, che gli ha imposto il versamento del contributo, deducendo circostanze relative alla ripartizione del carico anche nei confronti dell’ascendente di parte materna, che non ha partecipato al procedimento sfociato nel provvedimento di cui si chiede la modifica”?

Prima di rispondere al quesito, ricordiamo brevemente il contesto normativo di riferimento.

Premessa: il concorso nel mantenimento dei nonni

L’obbligo di mantenimento della prole grava su ambedue i genitori; se uno di essi non vi adempie, deve provvedervi l’altro, fatto salvo il diritto di convenire in giudizio l’inadempiente. L’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere i loro doveri investe tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori (art. 316 bis c.c. – si segnala che la Riforma Cartabia ha modificato l’art. 316 bis commi 2, 4 e 5 c.c.)1.

Si tratta di un’obbligazione sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori.

Cosa significa?

Non è possibile rivolgersi agli ascendenti solo per il fatto che uno dei due genitori non adempia la propria obbligazione verso la prole, se l’altro genitore sia in grado di provvedervi (Cass. 3402/1995).

Riassumendo, l’obbligazione degli ascendenti ha natura:

  • sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori e sorge solo qualora entrambi i genitori non siano in grado di provvedere al mantenimento dei figli; in altre parole, non ci si può rivolgere agli ascendenti per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore può provvedervi (Cass. 3402/1995; Cass. 20509/2010; Cass. 10419/2018),
  • non solidale tra gli ascendenti di pari grado e non necessariamente paritaria, in quanto è proporzionale alle capacità economiche di ciascun ascendente.

L’obbligazione in capo agli ascendenti ha carattere eccezionale e non è posta a tutela del coniuge del proprio discendente ma a favore dei suoi figli. Pertanto, prima di dichiarare i nonni tenuti al mantenimento, occorre valutare le condizioni economiche dell’altro genitore. L’obbligo sussiste a carico di tutti gli ascendenti di pari grado (ad esempio, nonni materni e paterni) e non solo a carico degli ascendenti del genitore inadempiente. Infatti, «l’obbligo posto dall’art. 148 a carico degli ascendenti non risponde affatto ad una logica di tipo fideiussorio delle obbligazioni incombenti ai congiunti dello stesso sangue, bensì al ben diverso principio della tutela dei minori (principio cardine di tutto il nostro diritto di famiglia) quando al loro mantenimento non possano provvedervi (in tutto o in parte) i genitori, ma possano provvedervi gli ascendenti» (Cass. 3402/1995). Pertanto, ove ne sussistano i presupposti, sono tenuti al mantenimento tutti e quattro i nonni (e, più in generale, tutti gli ascendenti di pari grado), in proporzione alle rispettive condizioni economiche di ciascuna delle due coppie di nonni.

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L’obbligazione alimentare è parziaria: no litisconsorzio necessario

Prima di affrontare la questione relativa al mantenimento, gli ermellini ricordano la disciplina in tema di alimenti. Infatti, come il diritto agli alimenti (ex art. 433 c.c.) è legato alla prova dello stato di bisogno e dell’impossibilità di reperire attività lavorativa, così l’obbligazione degli ascendenti sorge solo qualora i genitori non siano in grado di adempiere il loro diretto e personale obbligo.

Gli alimenti (o assegno alimentare) vengono corrisposti su ordine del giudice ad un soggetto che si trovi in stato di bisogno (cosiddetto alimentando) e sia incapace di provvedere al proprio sostentamento. L’importo dell’assegno non può superare quanto sia necessario per la vita del soggetto bisognoso. Inoltre, il soggetto obbligato a versare gli alimenti può scegliere di accogliere il beneficiario nella propria abitazione, anziché corrispondergli l’assegno.

Per quanto qui di interesse, sono tenuti al versamento degli alimenti “i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi” (art. 433 n. 3 c.c.). Gli alimenti sono assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli (art. 438 c. 2 c.c.). In caso di concorso di obbligati, ciascuno deve concorrere in proporzione delle proprie condizioni economiche. Se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono in condizioni di sopportare l’onere in tutto o in parte l’obbligazione stessa è posta in tutto o in parte a carico delle persone chiamate in grado posteriore (art. 441 c.c.). Infine, in casi specifici, il giudice può porre l’obbligazione alimentare a carico di uno soltanto tra gli obbligati, fatto salvo il regresso verso gli altri (art. 443 c. 3 c.c.).

Il vincolo dei coobbligati alla prestazione degli alimenti non è solidale ma si tratta di un’obbligazione parziaria, in quanto le distinte prestazioni sono commisurate alle condizioni economiche dei singoli obbligati (Cass. 3901/1968). L’alimentando non può pretendere da uno solo degli obbligati l’intero importo e l’azione di regresso verso gli altri coobbligati è prevista solo in casi specifici (art. 443 c. 3 e art. 446 c.c.). Trattandosi di un’obbligazione parziaria, la giurisprudenza ha escluso il litisconsorzio necessario tra più obbligati dello stesso grado alla corresponsione degli alimenti (Cass. 2510/1956; Cass. 2477/1962).

Gli ermellini ricordano che, nel caso del giudizio proposto dal figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente nei confronti di uno solo dei genitori, al fine di ottenere il mantenimento, non sussiste il litisconsorzio necessario dell’altro genitore. Infatti, l’obbligazione dei genitori non è solidale (Cass. 18451/2022; Contra: Cass. 15063/2000), ma una volta stabilito l’ammontare dell’assegno, il carico va ripartito tra di loro in proporzione alle rispettive capacità e il giudice di merito deve accertare i redditi di entrambi al fine di ripartire il peso dell’assegno.

L’obbligazione solidale non determina il litisconsorzio necessario sostanziale

Nel caso di obbligazioni parziarie, come quelle alimentari, il litisconsorzio necessario è escluso. I giudici di legittimità precisano che non ricorre il litisconsorzio necessario sostanziale neppure in caso di obbligazioni solidali2. Infatti, le obbligazioni solidali costituiscono rapporti obbligatori distinti che possono essere azionati, sotto il profilo processuale, singolarmente, senza che sussista il litisconsorzio necessario (C. M. BIANCA, Diritto Civile, L’obbligazione, 4, Milano, Giuffrè, 1993, 741)

In tema di obbligazioni solidali, di regola, la solidarietà passiva non determina un litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione. Infatti, si tratta di rapporti giuridici distinti, anche se tra loro connessi, che sono scindibili. Nondimeno, quando le cause sono tra loro dipendenti o le posizioni dei coobbligati presentino un’obiettiva interrelazione, si configura una inscindibilità delle cause e, quindi, un litisconsorzio processuale necessario3.

I giudici di legittimità chiariscono che la sussistenza di un unico rapporto caratterizzato dalla presenza di una pluralità di soggetti obbligati è una questione di diritto sostanziale che viene risolta, di volta in volta, valutando quando una sentenza sia inutiliter data (art. 102 c.p.c.) perché adottata in assenza di una delle parti che, invece, avrebbe dovuto essere presente. In siffatta valutazione, occorre considerare che «l’attuazione dei principi del giusto processo, di cui alla Cost., art. 111, impone un contemperamento tra le esigenze di natura pubblicistica del litisconsorzio necessario ed il dovere del giudice di verificare preliminarmente la sussistenza di un reale interesse a contraddire in capo al soggetto pretermesso» (Cass. SS. UU. 11523/2013).

Torniamo ora all’obbligazione degli ascendenti.

Tutti gli ascendenti di pari grado sono tenuti al mantenimento

L’obbligazione degli ascendenti ha natura solidaristica, sussidiaria, non solidale e grava su tutti gli ascendenti di pari grado indipendentemente da chi sia il genitore inadempiente (Cass. 251/2002).

L’obbligazione prevista dall’art. 316 bis c.c. riguarda tutti gli ascendenti dello stesso grado che risultino in vita, indipendentemente da chi sia il genitore che crei l’insorgenza dello stato di insufficienza dei mezzi economici, senza che ciò configuri gli estremi del litisconsorzio necessario. Gli ascendenti possono essere chiamati tutti in giudizio, pur non configurandosi il litisconsorzio necessario.

Nel caso di specie, il procedimento originario ex art. 148 c.c. (adesso art. 316 bis c.c.) – che è stato definito senza che vi fosse l’opposizione dei nonni paterni – ha imposto solo a questi ultimi di versare una parte del contributo che avrebbe dovuto essere corrisposto dal genitore verso il figlio. Tale provvedimento, pur passato in giudicato, è sempre suscettibile di revisione per sopravvenuti motivi, ad istanza di tutti i soggetti interessati. In sede di richiesta di revisione, la nonna paterna non ha evocato in giudizio la nonna materna ma ne ha chiesto la chiamata in causa.

La reclamante ha chiesto di estendere l’obbligo di versamento del contributo al mantenimento anche all’ascendente di parte materna e il giudice ha disatteso la richiesta sul presupposto della mancata partecipazione della nonna materna all’originario giudizio.

Conclusioni: rigettato il ricorso della nonna paterna

Secondo la Cassazione, la motivazione addotta dalla sentenza gravata va corretta ex art. 384 c.p.c.

Nel caso di specie la nonna paterna non ha attivato nei termini lo speciale procedimento di opposizione al decreto (ex art. 148 c.c. applicabile ratione temporis) ma ha proposto una richiesta di revisione o modifica del provvedimento.

In tale sede, potevano essere chiamati a partecipare soggetti diversi da quelli che avevano preso parte all’originario procedimento, avente oggetto diverso (a differenza di quanto sostenuto nella sentenza gravata, la cui motivazione, per questa ragione, viene corretta).

In presenza di più ascendenti, ogni coobbligato è tenuto nei limiti delle proprie condizioni economiche e anche in proporzione alla situazione degli altri soggetti astrattamente tenuti, pertanto, sussiste l’interesse ad evocare in causa anche l’altro soggetto coobbligato, al fine di offrire al giudice un quadro completo sulle diverse situazioni patrimoniali dei coobbligati.

Nondimeno, dal momento che non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario, il giudice non può ordinare d’ufficio l’integrazione del contraddittorio e la stessa reclamante (nonna paterna) – che ha promosso il procedimento per la modifica del decreto – non ha evocato in giudizio anche la nonna materna, ma si è limitata a chiederne, in primo grado, la chiamata in causa. Il fatto che il giudice di merito abbia respinto la richiesta di chiamata in causa non è sindacabile in sede di legittimità. Al di fuori dei casi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., «il provvedimento del giudice di merito che concede o nega l’autorizzazione a chiamare in causa un terzo ai sensi dell’art. 106 c.p.c., coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, come tali, non possono formare oggetto di appello e di ricorso per cassazione» (Cass. 17218/2014; Cass. 2331/2022).

Per tutte le ragioni sopra esposte, il ricorso della nonna paterna viene respinto con condanna al pagamento delle spese.

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[1] La Riforma Cartabia ha modificato l’art. 316 bis commi 2, 4 e 5 c.c. come segue.

In caso di inadempimento, il presidente del tribunale o il giudice da lui designato (inciso aggiunto dalla modifica normativa), su istanza di chiunque vi abbia interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole. Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.

Il testo attualmente vigente dispone che l’opposizione sia regolata dalle norme che disciplinano il procedimento relativo allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie (l’opposizione non è più regolata dalle norme relative all’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.). Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le medesime forme, la modificazione e la revoca del provvedimento (e non più con le forme del processo ordinario).

[2] La Corte chiarisce quanto segue: «Invero, ad es., in relazione alla responsabilità degli amministratori di società, si è da tempo affermato che l’azione di responsabilità sociale non va necessariamente proposta contro tutti gli amministratori e sindaci, trattandosi di responsabilità solidale e di scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido, con conseguente instaurazione di un litisconsorzio “facoltativo“: “in tema di responsabilità degli amministratori di società, ove la relativa azione venga proposta nei confronti di una pluralità di soggetti, in ragione della comune partecipazione degli stessi, anche in via di mero fatto, alla gestione amministrativa e contabile, tra i convenuti non si determina una situazione di litisconsorzio necessario, attesa la natura solidale della obbligazione dedotta in giudizio che, dando luogo ad una pluralità di rapporti distinti, anche se collegati tra loro, esclude l’inscindibilità delle posizioni processuali, consentendo quindi di agire separatamente nei confronti di ciascuno degli amministratori” (Cass. 21567/2017; Cass. 21497/2020)».

[3] La giurisprudenza ha chiarito quanto segue:

  • «si è escluso che tale situazione, nella fattispecie in esame, si fosse verificata in quanto uno dei condebitori convenuti aveva esercitato l’azione di regresso nei confronti dell’altro, sì che la decisione di rigetto della domanda risarcitoria pronunciata sull’appello proposto da uno solo dei due convenuti non poteva non estendersi all’altro, travolgendo l’intera decisione di primo grado» (Cass. 34899/2022);

  • l’eccezione di prescrizione sollevata da uno dei coobbligati non giova anche agli altri, ancorché chiamati nel medesimo processo, salvo che «le cause riguardanti gli obblighi solidali, intentate unitariamente nei confronti dei coobbligati, siano tra loro ulteriormente connesse, come accade nell’ipotesi di riproposizione in sede di impugnazione di temi comuni ai predetti coobbligati o quando siano state instaurate azioni di regresso o manleva tra i convenuti, nel qual caso nella fase di impugnazione sussiste un litisconsorzio necessario cd. processuale e sorge la necessità di un’unitaria pronuncia nei confronti di tutte le parti in causa» (Cass. 22984/2022).


 

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