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  • L’aumento dei prezzi di energia e gas sta mettendo a rischio le imprese italiane: 120.000 potrebbero chiudere.
  • I settori più a rischio sono: attività produttive, turismo, commercio alimentare e ristorazione.
  • Le associazioni di categoria chiedono nuovi aiuti al governo, come l’introduzione di un credito di imposta del 50% esteso a tutte le aziende.

Ancora una volta i prezzi dell’energia non sembrano scendere, sull’onda dell’inflazione che ha colpito l’Italia, ma anche altri stati dell’Unione Europea. Una delle conseguenze più negative dell’andamento dei prezzi riguarda le imprese italiane, per cui molte di queste ora si trovano a rischio chiusura.

Per fare un esempio, solamente nella regione Umbria rischiano di chiudere battente almeno 3.000 imprese entro giugno 2023, un numero impressionante che comporterebbe la perdita di posti di lavoro per almeno 11.000 persone. Questo è solo un esempio, perché anche altre regioni italiane si trovano in situazioni similari.

Questi dati sono stati forniti da Confcommercio, per portare chiarezza in merito a quelli che sono i rischi concreti dei rincari dell’energia degli ultimi mesi. Lo scenario non è incoraggiate, tuttavia lo stato, e in parte anche alcune banche, hanno già messo a disposizione delle PMI italiane alcuni cuscinetti economici per limitare i rischi.

Caro energia: quante imprese italiane sono a rischio

Non solo per le famiglie italiane, ma anche per le imprese, l’aumento dei prezzi dell’energia sta diventando in molti casi insostenibile. Il caro bollette di luce e gas per le imprese sta iniziando a diventare un vero e proprio problema, soprattutto per le aziende di produzione che utilizzano molte risorse.

Per fare una panoramica generale della situazione italiana, almeno 120.000 imprese sarebbero a rischio chiusura, a causa dei costi diventati insostenibili, non solamente per energia e gas, ma anche per molte altre materie prime indispensabili per produrre. E quando i costi sono maggiori dei ricavi, spesso la scelta migliore è quella di chiudere.

Le associazioni di categoria si stanno pronunciando in questi giorni sulla situazione soprattutto delle PMI italiane, chiedendo al governo nuove misure volte a difendere il sostentamento delle aziende, per non causare nuove perdite di posti di lavoro.

Ad essere maggiormente a rischio sono in particolare le imprese di queste categorie e settori:

  • commercio al dettaglio;
  • settore alimentare e ristorazione;
  • turismo;
  • logistica e trasporti;
  • aziende di produzione.

Le aziende che rientrano in questi settori sono maggiormente esposte rispetto alle altre, non solo per la quantità maggiore di energia, gas e talvolta carburanti di cui necessitano, ma perché nella maggior parte dei casi il prezzo delle bollette dell’energia è raddoppiato se non triplicato. Se da un lato i prezzi sono stati calmierati da alcune misure del governo, dall’altro lato l’inflazione non tende a scendere.

Aumenti prezzo energia

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Imprese a rischio chiusura: cresce l’inflazione

Accanto ai rincari di energia, gas e carburanti, si assiste anche ad aumenti non indifferenti che riguardano anche altre materie prime o prodotti: da quelli per le famiglie, come gli alimentari, il pane e la farina, a quelli di cui le imprese hanno bisogno per svolgere la propria attività.

L’inflazione sta andando rapidamente verso un +7% annuo, e non sembrano esserci segni di discesa. In particolare alcuni settori sono stati maggiormente colpiti dall’aumento dei prezzi, unito talvolta all’irreperibilità dei materiali.

Uno di questi è l’edilizia, che nonostante sia stata trainata per diversi mesi dalle agevolazioni fiscali e i diversi bonus (come il Superbonus 110%), attualmente sta riscontrando una discesa dovuta a diversi fattori, tra cui il caro energia e la difficoltà a reperire i materiali per svolgere l’attività. Per fare qualche esempio, rispetto al 2020 le imprese nell’edilizia hanno visto un aumento del 76% per lamiere in acciaio, del 34% per mattoni pieni, e perfino i binari ferroviari sono aumentati del 33,49% in più.

Come è facile immaginare, i rincari si riscontrano poi nelle diverse fasi di compravendita dei materiali, e le imprese edili sono costrette ad aumentare i costi per i lavori ai propri clienti e per le costruzioni. L’inflazione produce un effetto a catena che può coinvolgere sia le famiglie che le imprese italiane.

Le richieste delle associazioni di categoria

In uno scenario di questo tipo, le associazioni di categoria, come Confcommercio, Federdistribuzione, Ancd-Coop e Ancd-Conad stanno presentando delle richieste specifiche al governo per limitare i rischi delle imprese. Attualmente sono ancora in vigore diversi sostegni introdotti con il Decreto Aiuti bis, tuttavia queste misure potrebbero presto non bastare.

Per questo motivo le associazioni di categoria stanno proponendo al governo di aumentare ulteriormente il credito di imposta, ovvero il bonus bollette per le imprese, anche fino al 50%, per le aziende più in difficoltà. Vengono inoltre proposti ulteriori interventi di rateizzazione delle bollette di energia e gas anche per le PMI, e si richiede una ulteriore estensione del Fondo di Garanzia per le Imprese.

Attualmente le percentuali maggiori di credito di imposta vengono garantite alle imprese energivore, tuttavia le associazioni chiedono che venga istituito un credito da estendere a tutte le aziende, senza distinzione in base alla potenza energetica e ai consumi.

Nel frattempo si moltiplicano le manifestazioni degli imprenditori nelle piazze italiane, e molti presentano in vetrina le bollette con cifre aumentate a più del doppio rispetto agli anni scorsi, altri scendono in piazza per chiedere un maggiore sostegno allo stato.

Intesa SanpaoloIntesa Sanpaolo

Alcune banche inoltre stanno intervenendo anche a favore delle PMI italiane proponendo finanziamenti agevolati e la possibilità di rateizzare il pagamento delle bollette, come Intesa Sanpaolo.

hype businesshype business

Un tetto massimo di spesa per le imprese

Un’ipotesi che sta prendendo piede in questi giorni è quella di introdurre un tetto massimo di spesa per le imprese. La proposta viene discussa a livello europeo, poiché non solo in Italia, ma anche negli altri paesi UE si registrano gli stessi aumenti.

Da un lato si discute di porre un tetto massimo di spesa al gas per le importazioni dalla Russia, dall’altro lato invece sorge l’ipotesi di un limite massimo di prezzo deciso dal governo oltre il quale le aziende che vendono e forniscono energia non possono salire.

Si tratta ancora di ipotesi, tuttavia se messe in pratica potrebbe salvare molte imprese a rischio chiusura, secondo le associazioni di categoria. Per l’applicazione della misura tuttavia ci sono ancora diverse incognite, soprattutto sulla differenza tra mercato libero e tutelato.

Imprese a rischio chiusura – Domande frequenti

Quante aziende italiane sono a rischio chiusura a causa dell’inflazione?

Attualmente le associazioni di categoria hanno riscontrato che almeno 120.000 imprese italiane sono a rischio chiusura a causa dell’inflazione.

Quali sono le richieste delle associazioni di categoria sulle PMI a rischio chiusura?

Le associazioni di categoria chiedono un credito di imposta al 50% per tutte le imprese, senza distinzioni tra energivore e non. Inoltre chiedono nuove possibilità di rateizzazione. Tutti i dettagli qui.

Quali sono i settori maggiormente a rischio a causa dell’inflazione?

I settori a rischio sono: le imprese di produzione, il turismo, il comparto alimentare e la ristorazione.

 

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