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«Invece che starmene tranquillamente e comodamente a casa, ho deciso di andare in “trincea”», ha dichiarato Pupo, nome d’arte di Enzo Ghinazzi, prima di imbarcarsi per Mosca. Benché possa apparire ardita, la metafora impiegata dal popolare cantante è azzeccata. Non è un bighellonare da turista né un omaggio alla libera cultura dirigersi verso il Palazzo di Stato del Cremlino per registrare uno speciale tv nei giorni delle elezioni che porteranno al quinto mandato presidenziale per Vladimir Putin. È una scelta di campo, di campo di battaglia, compiuta sul fronte per sé più congeniale da una personalità che sa raggiungere un pubblico ampio grazie alle sue capacità nel cantare. Motivo di comodità e sollievo la visita a Mosca lo è per il regime che nelle trincee di fango e neve manda soldati perché nel 2022 ha invaso l’Ucraina dopo averne sottratto già un pezzo nel 2014. Verso quell’invasore, l’Unione Europea e singoli Paesi del mondo libero applicano sanzioni economiche e altre misure specifiche, tra queste il divieto di ingresso nell’Ue per individui responsabili dell’aggressione a uno Stato sovrano.

«Sono sempre contrario all’embargo della cultura di qualsiasi popolo», ha proclamato Pupo tramite l’agenzia Tass in veste di amico di tutti. Come in Urss, con modalità aggiornate, a realizzare un embargo verso la libera cultura, a cominciare dalla russa, è il sistema di potere di Putin: con provvedimenti restrittivi e intimidazioni ha reso difficile se non impossibile la vita di testate indipendenti, persegue come crimini le attività del gruppo «Memorial» in ricordo di vittime della repressione sovietica, censura, somministra ai cittadini intrattenimenti di anchorman allineati e saltimbanchi di regime.
Pupo aveva in programma di andare al Cremlino nel maggio 2023 per un ruolo di rilievo nel festival «Road to Yalta», città ucraina sotto controllo di Mosca. Tra gli scopi ufficiali del festival il principale è il «posizionamento della Repubblica di Crimea come parte integrante della Russia», ossia la propaganda dell’annessione che ha leso il diritto alla sovranità nazionale ucraina. Obiettivo da realizzare — rivendica in rete il sito della manifestazione — anche attraverso «diplomazia musicale», elegante definizione di propaganda in scala internazionale.
Nel 2015, dopo l’annessione della Crimea, Pupo aveva già rivolto auguri di compleanno a Putin. Nel 2017 Albano Carrisi cantò nella «serata di gala» per i cento anni dalla fondazione della Ceka nella quale il presidente, cresciuto nel Kgb, qualificò come «patrioti» e «servitori dello Stato» gli agenti dei servizi segreti dell’Urss e in seguito della Federazione russa. Al viaggio di primavera Pupo rinunciò sostenendo di aver ricevuto minacce. In un video su Dagospia attribuì agli organizzatori del festival il consiglio sulla trasferta: «Sono stati i primi loro a dirmi che sarebbe stato meglio non partecipare quest’anno e aspettare tempi migliori più pacifici e più sensati». In Russia Pupo era tornato in novembre, non secoli dopo. E tra maggio 2023 e marzo ‘24 i tempi hanno portato a migliaia di ucraini uccisi in più, alla morte del dissidente russo Alexei Navalny in una gelata colonia penale di Siberia. Più pacifici, i tempi? Sensati per chi?

Pupo ha affermato di dare un «contributo alla pace». In realtà, il suo come quello di altri colleghi di allegorica trincea è un contributo all’immagine di chi la pace l’ha violata, Putin, interessato ad apparire non isolato all’estero e ben visto perfino in casa degli occidentali. No, non sono solo canzonette. Sono show dei quali si avvale il trucco di facciata di una dittatura con mire imperiali.

 

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