Sembra che il Parlamento abbia risolto l’annoso problema della prescrizione che, a dire del ministro Bonafede, da un lato é lo strumento utilizzato dai “colpevoli” (tali ritenendo quelli che sono soltanto imputati, assistiti dalla presunzione di non colpevolezza) per sottrarsi alla punizione certa (sol perchè richiesta dalla pubblica accusa) e, dall’altro, non tutela le vittime del reato che troppo spesso non riescono ad ottenere giustizia a causa della conclusione del processo prima dell’accertamento definitivo della responsabilità dell’imputato. La soluzione scelta é molto semplice e non si comprende come mai autorevoli giuristi e politici non l’abbiano individuata in passato: sospensione del decorso della prescrizione dal momento di pubblicazione della sentenza di primo grado sino al “risveglio” della macchina giudiziaria. In altri termini, abrogazione della prescrizione! L’intervento legislativo non tiene conto,però, del significato e della natura giuridica della prescrizione che, diversamente da quanto opinato da una consistente parte dei gruppi parlamentari, altro non é che la applicazione di principi di civiltà giuridica vigenti in tutti i Paesi democratici . Nell’ordinamento giuridico italiano la prescrizione é prevista da una norma di natura (non processuale, ma) sostanziale (art. 157 c.p.) la cui ratio risiede, da un lato nella esigenza di evitare che una sanzione penale venga applicata allorquando l’interesse punitivo dello Stato sia ormai affievolito, se non del tutto dissolto e, dall’altro, nella tutela del diritto individuale della persona ad un processo equo e ragionevolmente breve, sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La applicazione della sanzione penale, infatti, deve tendere, per espressa previsione costituzionale, alla rieducazione del condannato. L’effetto rieducativo, e con esso l’interesse dello Stato ad irrogare la sanzione, viene evidentemente vanificato dal lungo decorso del tempo , perché la pena opererebbe sulla personalità del colpevole ormai trasformata rispetto all’epoca del compimento dell’azione incriminata. La prescrizione, però, é posta anche a garanzia del diritto dell’indagato/imputato alla certezza della durata del processo, durante il quale esso resta in balia del sistema giustizia e delle sue patologiche disfunzioni. Il problema che il Ministro Bonafede e la maggioranza parlamentare che lo sostiene avrebbero dovuto affrontare con urgenza, anche nell’interesse delle vittime del reato, é quello della eccessiva durata dei processi (penali e civili), a causa della quale lo Stato viene sistematicamente condannato a risarcire le parti processuali dei danni “da irragionevole durata del processo” e ciò a prescindere dall’esito dei processi stessi. Il risarcimento é previsto dalla legge n. 89/2001 cd “Pinto”, che definisce ragionevole il processo che si concluda in un termine non superiore ai sei anni, ma ai fini del computo dei termini “non si tiene conto del tempo in cui il processo é sospeso”. La riforma entrata in vigore, quindi, ha abrogato, di fatto, anche il diritto al risarcimento. Nondimeno, l’eccessiva durata del processo costituisce anche una grave violazione del diritto di difesa, dal momento che il decorso di molti anni rende particolarmente difficoltoso l’accertamento dei fatti, che non restano nel lungo periodo ben impressi nella memoria delle persone, testimoni compresi, a scapito della verità, storica e processuale. Sfugge al legislatore, però, che la vera causa dellle lungaggini processuali é notoriamente costituita dalla inefficienza della macchina giudiziaria e non dalle astuzie difensive degli avvocati, contrariamente a quanto affermato pubblica mente, ed in modo strumentale, da un noto rappresentante della magistratura. Infatti, dei procedimenti che si concludono con la prescrizione , il 60% non approda nemmeno all’udienza preliminare , momento nel quale ha inizio l’attività difensiva , ed altro 15% matura alla fine del primo grado del giudizio. I rinvii dovuti ad esigenze degli imputati o dei loro difensori, peraltro, non incidono sul decorso della prescrizione, che resta comunque sospesa. Nemmeno lo sbandierato diritto delle vittime del reato trova tutela nella riforma approvata , laddove la nuova legge, di fatto, viola anche le legitime aspettative delle parti offese , sia dal punto di vista morale che risarcitorio, dovendo esse attendere molti più anni per vedere riconosciuto il loro sacrosanto diritto all’accertamento della verità. Per non dire che, concluso il calvario del processo penale con l’laccertamento della resaponabilità dell’imputato, le parti offese dovranno imbarcarsi in un nuovo processo,quello civile, ancora più lungo di quello penale, per ottenere la quantificazione dei danni patiti. In altri termini l’obiettivo perseguito dal Parlamento, lungi dal tutelarle, finisce con danneggiare ulteriormente le vittime del reato. Il legisltore continua a perseguire finalita’ populiste, dopo aver alimentato nella pubblica opinione un clima di sfiducia ed ostilità verso l’istituto della prescrizione, ed ha del tutto ignorato e violato diritti e principi di civilta’ giuridica e democratica contenuti nella Costituzione e nella normativa internazionale inviolabile. Peraltro, l’obiettivo raggiunto e’ quello di rendere di fatto imprescrittibili i reati di minore gravita’, mentre i tempi di maturazione della prescrizione dei reati gravissimi erano e restano lunghissimi, anche per effetto del meccanismo di calcolo introdotto dalla riforma Orlando (qualche esempio: omicidio volontario aggravato, strage, crimini contro l’umanita’ non si prescrivono mai. – mentre l’associazione di tipo mafioso si prescrive in un termine che va da 15 a 30 anni- scambio elettorale politico-mafioso da 12 a 24 anni- attivita’ organizzate per il traffico illecito di rifiuti- da 6 a dodici anni- sequestro di persona a scopo di estorsione, da 30 a 60 anni – associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti da 20 a 40 anni – violenza sessuale da 12 a 30 anni – omicidio stradale da 10 a 25 anni – morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale da 10 a 25 anni – maltrattamenti contro familiari e conviventi da 15 a 37 anni in caso di lesioni e 60 anni nel caso in cui derivi la morte- rapina 25 – estorsione 25 anni – bancarotta fraudolenta aggravata 18 anni e 9 mesi – peculato 12 anni – furto in abitazione con strappo 12 anni e sei mesi). E’ evidente, quindi, che al fine di tutelare al meglio indagati, imputati e vittime del reato, il legislatore dovrebbe approvare riforme che rendano veloci i processi (e, quindi inutile la prescrizione) ed efficienti gli uffici giudiziari, anche e soprattutto con l’incremento degli organici degli uffici, compresi quelli dei magistrati , invece di sopprimere i diritti individuali dell’uomo .In attesa del lodo Conte….. Guglielmo De Feis Avvocato
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