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La giustizia deve rimanere accessibile a tutti, senza discriminazioni economiche, e l’indipendenza e l’integrità degli avvocati devono essere preservate per assicurare un sistema giudiziario equo e trasparente. È questo il cuore della battaglia dell’associazione «NomoΣ movimento forense», presieduta dall’avvocato Argia Di Donato. La sentenza della Corte d’Appello di Napoli emanata il 17 ottobre 2022 ha riportato all’attenzione pubblica una questione dibattuta da anni nell’ambito giuridico italiano: i vincoli economici che possono incidere sull’esercizio della professione forense e, di conseguenza, sul diritto alla difesa dei cittadini. La decisione della Corte riguarda la contestazione avanzata dall’avvocato Di Donato sulla nullità della cartella di pagamento inviata da Cassa Forense, sostenendo l’illegittimità costituzionale dell’articolo 21, commi 8 e 9, della Legge n. 247 del 2012 e del relativo Regolamento di attuazione.

L’articolo contestato prevede la cancellazione dall’Albo degli Avvocati che non raggiungono determinati livelli reddituali, fissando contributi minimi slegati dal reddito effettivamente percepito. La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza di rigetto, evidenziando un’omessa valutazione di circostanze documentate e criticando l’impiego di tecniche redazionali superficiali, diffuse in parte della magistratura italiana. Circa la Cassa di Previdenza e Assistenza Forense l’avvocato Di Donato ammonisce che «la contribuzione previdenziale slegata dal reddito è illegittima» augurandosi che la l’ultima parola spetti alla Cassazione. «Non ci fermeremo. Se sarà necessario adiremo l’alta Corte di Giustizia della Unione Europea» aggiunge. La questione si innalza a livello costituzionale: può il diritto alla difesa, garantito dalla Carta fondamentale, essere compromesso da parametri economici imposti all’esercizio della professione forense? È questa la sfida su cui dovrà pronunciarsi l’Alta Corte.
L’attenzione su questa problematica è ulteriormente accresciuta dalla sentenza dopo la sentenza del Tar del Lazio del 13 dicembre 2023. In tale occasione, il ricorso di Cassa Forense contro la riscossione del contributo minimo integrativo 2023 è stato respinto, mettendo in una situazione ancora più difficile migliaia di avvocati gravati da oneri previdenziali elevati.
«Se la magistratura e i vertici dell’avvocatura hanno probabilmente interesse ad avere ‘legali col Rolex al polso ma del tutto privi di capacità ed professionalità’, questo non può dirsi vero per i comuni cittadini i quali non soltanto saranno costretti a pagare tariffe salatissime anche per questioni bagatellari – ha aggiunto Di Donato – ma soprattutto potranno vedersi rifiutare il patrocinio ove la tutela dei loro diritti confligga con gli interessi particolari dello Studio-azienda ai quali saranno costretti a rivolgersi».
Un altro punto critico emerso durante il periodo di emergenza sanitaria da Covid è stato l’impossibilità per gli avvocati sprovvisti del lasciapassare verde – viene rilevato – di accedere ai tribunali, limitando così l’esercizio del diritto alla difesa dei propri clienti. «Tutto ciò, nel silenzio delle istituzioni rappresentative dell’avvocatura» conclude la nota.

 

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