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Il tema legato al popolamento dell’albo dei gestori della crisi di impresa ha aperto un dibattito nell’avvocatura, a partire da quella istituzionale. La presidente del Consiglio nazionale forense, Maria Masi, valuta positivamente la soluzione indicata dal ministero della Giustizia su impulso di via del Governo Vecchio e si sofferma su alcuni aspetti. «Con la circolare emanata il 13 marzo – evidenzia Masi – il ministero della Giustizia recepisce le proposte di modifica che il Consiglio nazionale forense aveva da tempo sollecitato nelle interlocuzioni susseguitesi in questi mesi.

L’allargamento del periodo temporale per l’iscrizione all’albo, stabilito dalla circolare del ministero, prevede, quindi, che i professionisti che hanno i due incarichi utili per l’iscrizione all’albo dei gestori della crisi di impresa, anche successivi alla data del 16 marzo 2019 e fino ad arrivare alla data del 15 luglio 2022, possono essere ammessi». In questo modo gli avvocati hanno la possibilità, rileva Maria Masi, «come richiesto dal Cnf nella riunione dello scorso 21 febbraio con il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto e con i rappresentanti dell’ufficio legislativo e del Dag di via Arenula, di far valere, ai fini dell’iscrizione, gli incarichi ricevuti dal Tribunale come curatore, commissario giudiziale o liquidatore nelle procedure previste nel Codice della crisi e dell’insolvenza, anche se successivi all’entrata in vigore dell’articolo 356 del Codice della crisi».

Ma le questioni legate ai tirocini e alla formazione creano non poche perplessità per una impostazione farraginosa e, sotto certi versi, illogica adottata dal legislatore. «Per quanto riguarda il tirocinio semestrale obbligatorio – spiega la presidente Masi – il Cnf aveva già esposto le proprie perplessità in sede di interlocuzione ministeriale, affermando che il tirocinio, così come declinato, non risponde alle esigenze esperienziali che s’intendono perseguire e contiene in nuce un paradosso».

La situazione paradossale alla quale fa riferimento la presidente del Consiglio nazionale forense riguarda il «fatto, che non si può escludere, che anche professionisti di lungo corso dovranno attendere al tirocinio da effettuare presso professionisti meno esperti». «Senza considerare – aggiunge la presidente del Cnf – la evanescenza del perimetro del concetto stesso di tirocinio. Nella circolare ministeriale è stato ribadito che gli enti erogatori della formazione iniziale che siano Ordini professionali dovranno sottoscrivere una convenzione con un’università per l’organizzazione dei corsi, cosa che stride con la natura ex lege di ente formatore del Consiglio nazionale forense».

Alle preoccupazioni della presidente Masi si aggiungono quelle del consigliere Cnf Emmanuele Virgintino. L’ex presidente del Coa di Bari si esprime, prima di tutto, in merito ad un affastellarsi di norme ed adempimenti, che non agevolano il lavoro di chi ogni giorno si divide tra studio legale e aule giudiziarie. «In riferimento agli strumenti per la risoluzione della crisi – afferma – ci siamo dotati di nuovi strumenti. Esistono almeno tre discipline diverse. In materia di sovraindebitamento, per esempio, si prevede un corso di formazione di 40 ore per l’iscrizione al relativo registro, più l’aggiornamento. A ciò si aggiunga altra formazione legata al Codice della crisi, che porta al suo interno gli istituti del sovraindebitamento. Formazione diversa per l’albo dei gestori della crisi dell’impresa. L’articolo 356 (del Codice della crisi d’impresa, ndr), porta a sua volta ad una formazione di 40 ore con aggiornamento biennale. Anni fa è stata approvata la legge sulla composizione negoziata, il Decreto legge 118/ 2021, che a sua volta reca in sé una formazione obbligatoria per l’iscrizione al registro tenuto dalle Camere di Commercio di 55 ore, sempre con la previsione dell’aggiornamento. Il Codice della crisi, come si può bene notare, contiene diversi corpi normativi».

L’avvocato Virgintino sottolinea una quarta questione “in gestazione”, riguardante gli amministratori straordinari. «Anche in questo caso – commenta – assisteremo ad un’altra normativa e ad un’altra linea di formazione per i professionisti. Senza dimenticare la specializzazione, affidata, per quanto riguarda gli avvocati, al Cnf. Nell’area civile, troviamo la specializzazione in diritto commerciale, che prevede 200 ore di formazione per conseguire il relativo titolo. Crisi dell’impresa, sovraindebitamento, composizione negoziata e specializzazione in diritto commerciale rientrano nella stessa identica materia, affrontano i temi dell’impresa, dell’ex fallimento e via discorrendo. Mi domando, e il Cnf ha fatto pure un emendamento a tal riguardo, come sia possibile per un avvocato sottoporsi ogni anno a tutte queste ore di formazione per iscriversi e restare iscritto in un albo».

Una situazione, quella descritta da Emmanuele Virgintino, che inevitabilmente mette sotto pressione ogni professionista, chiamato non solo a curare la formazione, ma anche a gestire gli affari dello studio legale, senza tralasciare gli approfondimenti e gli studi delle pratiche. «Insomma – conclude Virgintino -, gli avvocati sono costretti a navigare in un “mare di formazione” su materie identiche. Una situazione che richiede un intervento meno confuso da parte del legislatore per rendere omogenea la formazione. Sono opportune delle risposte».

 

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