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Il condono edilizio a cui sta lavorando il ministero delle Infrastrutture e trasporti riguarderà – dati alla mano – quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano….

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Il condono edilizio a cui sta lavorando il ministero delle Infrastrutture e trasporti riguarderà – dati alla mano – quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano. L’obiettivo è quello di tutelare quei piccoli proprietari immobiliari che aspettano, in alcuni casi da anni, la regolarizzazione delle loro posizioni e che spesso non riescono a ristrutturare o vendere la propria casa e al contempo anche ridurre il carico di lavoro degli uffici tecnici comunali, spesso sommersi dalle richieste di sanatorie. Il pacchetto di norme per intervenire sulla casa è stato richiesto anche dalle amministrazioni territoriali, dalle associazioni e dagli enti del settore edilizio: si tratta di una serie di misure che mirano a regolarizzare le piccole difformità o le irregolarità strutturali in otto case su dieci. Alla luce della semplificazione e dell’efficienza amministrativa si è previsto anche di intervenire sulle procedure amministrative per garantire ai cittadini risposte certe in tempi certi. 

In quali casi può essere applicato

In particolare, la misura riguarderà difformità di natura formale, legate alle incertezze interpretative della disciplina vigente; difformità edilizie “interne”, riguardanti singole unità immobiliari, a cui i proprietari hanno apportato lievi modifiche (tramezzi, soppalchi, etc.); difformità che potevano essere sanate all’epoca di realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi a causa della disciplina della “doppia conforme” che non consente di conseguire il permesso o la segnalazione in sanatoria per moltissimi interventi, risalenti nel tempo. E ancora per permettere i cambi di destinazione d’uso degli immobili tra categorie omogenee.

 

I motivi dell’intervento

Queste linee di indirizzo – spiega il ministero – su cui gli uffici si sono mossi, a seguito anche delle proposte raccolte nelle precedenti riunioni sul tema, e che hanno portato alla bozza normativa, sono state presentate nel corso della riunione sul piano casa, tenutasi al Mit alla presenza del vicepremier e ministro Matteo Salvini con il Dipe (dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica) e circa 50 tra istituzioni, enti, associazioni, ordini professionali e fondazioni del settore.

 

Le reazioni

«Un ministro che per la casa non ha fatto niente in due anni, se non azzerare i fondi per l’affitto per le persone in difficoltà. Che altro ci si poteva aspettare da Salvini se non l’ennesimo annuncio di condono edilizio? Lo chiama “pace edilizia” ma in realtà è la promessa elettorale per sanare abusi, ristrutturazioni illecite e superfetazioni. Un modo che per lo più premia chi agisce fuori dalla legge, spera sempre di farla franca e intanto mette in pericolo la sicurezza di tutti. Ecco come il leader della Lega sostiene il suo partito in affanno e in pieno calo di consensi», dice in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati. «Il ministro Salvini nella gestione delle politiche sulla Casa è assolutamente disastroso. Abbiamo bisogno di un piano nazionale Casa a sostegno dell’affitto e per il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica. Servono risorse per recuperare e riqualificare jn modo da dare risposte concrete a giovani coppie lavoratori e cittadini che o in affitto nel privato o attraverso le case popolari devono poter trovare una risposta diversa. Il ministro Salvini su questi terreni è assolutamente immobile. In compenso rilancia un dannosissimo condono di cui proprio non si sentiva la necessità», dice il responsabile Casa del Pd Pierfrancesco Majorino.

Di parere diverso il vicepresidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Stefano Betti: «Non si tratta di un condono, il provvedimento mira a risolvere piccole difformità di natura formale all’interno delle case, difformità ante 1977, si tratta di cose assolutamente minimali interne agli alloggi. È un provvedimento interessante nel breve termine, ma è una goccia nel mare rispetto alle soluzioni che bisogna trovare nel medio e lungo termine», ha spiegato Betti, sottolineando che innanzitutto bisogna «rivedere» sia il Testo unico sull’edilizia che la Legge nazionale urbanistica, strumenti ormai «vecchi» e «non adeguati» per lavorare nell’ambito di una «rigenerazione urbana».

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