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Il Decreto Legge Lavoro ha portato la soglia della non imponibilità per i fringe benefit a 3.000 euro. Questa agevolazione, però, spetta unicamente ai lavoratori dipendenti con dei figli a carico ed è valida unicamente per il 2023. Per gli altri lavoratori – ossia tutti quelli che non hanno dei figli a carico – rimane la classica e consueta soglia dei 258,23 euro.

Il Governo ha stanziato un fondo pari a 142 milioni di euro per coprire i costi dell’esenzione dalle tasse dei fringe benefit riservati ai lavoratori con figli. Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo come funziona questa nuova misura, che vale unicamente per l’anno in corso.

Le nuove regole del Decreto Legge Lavoro

Attraverso il cosiddetto Decreto Legge Lavoro, che è stato approvato lo scorso 1° maggio 2023, il Consiglio dei Ministri ha introdotto una modifica alla tassazione dei fringe benefit, che, salvo future proroghe, risulta essere valida unicamente per il 2023: è stata innalzata a 3.0000 euro la soglia di non imponibilità dei beni e dei servizi che i datori di lavoro destinano ai propri lavoratori dipendenti.

La nuova soglia non si applica a tutti i lavoratori dipendenti, ma ne possono usufruire solo quelli con dei figli a carico. Per gli altri, ossia quanti non hanno dei figli a carico, la soglia di non imponibilità rimane ferma a 258,23 euro. Il Governo ha stanziato qualcosa come 142 milioni di euro per finanziare il provvedimento per l’anno in corso.

Fringe Benefit, ecco cosa sono

Cosa sono i fringe benefit? Sono, a tutti gli effetti, dei beni e dei servizi che il datore di lavoro concede ai propri dipendenti, che vengono forniti in aggiunta al salario base. Nell’ampio ventaglio dei fringe benefit sono inclusi:

  • auto aziendale;
  • buoni pasto;
  • servizio di mensa aziendale;
  • buoni regalo;
  • telefono cellulare, computer e tablet aziendali;
  • corsi di aggiornamento professionale;
  • case in locazione;
  • borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli;
  • prestiti agevolati;
  • sconti e convenzioni con palestre, negozi e centri benessere;
  • polizze di previdenza complementare;
  • stock option;
  • abbonamenti a palestre o club sportivi.

In alcuni casi i datori di lavoro offrono ai propri dipendenti altri tipi di benefit non monetari, come possono essere delle feste aziendali, delle cene, dei servizi di pulizia o degli asili nido aziendali.

Sicuramente uno degli obiettivi più importanti dei fringe benefit è quello di fidelizzare e motivare i dipendenti. Si cerca di centrare questo obiettivo migliorando la loro qualità di vita e la soddisfazione lavorativa. Quelli che abbiamo visto costituiscono dei benefit aziendali che, nel momento in cui vengono concessi ai lavoratori, per legge possono essere detassati, almeno parzialmente.

Come vengono detassati i fringe benefit

Come funziona la detassazione dei fringe benefit? Il reddito da lavoro dipendente, secondo l’articolo 5 comma 1 del TUIR, è costituito da ogni somma erogata da un datore di lavoro e percepita da un dipendente nel corso di un determinato periodo d’imposta. Tra i redditi da lavoro dipendente rientra qualsiasi valore percepito, anche sotto forma di erogazioni liberali, che sono arrivate al dipendente in relazione al rapporto di lavoro.

Eventuali beni o servizi, che vengono forniti al dipendente e che risultino essere diversi dalle somme di denaro, vengono individuati con il termine fringe benefit.

Non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente – a stabilirlo è il comma 3, terzo periodo, prima parte, dell’articolo 51 del TUIR – i beni ceduti o servizi prestati nel caso in cui, complessivamente, abbiano un valore inferiore a 258,23 euro. Questo valore non deve essere superato per l’intero periodo di imposta. Questa soglia è stata innalzata a 3.000 euro, subordinando questo aumento alla condizione che il dipendente abbia dei figli. All’interno del DL Lavoro 2023 si legge infatti:

Limitatamente al periodo d’imposta 2023, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo del TUIR non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli a carico, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 3.000.

Che cosa si intende per: figli a carico?

Cosa si intende per figli a carico? Con questa locuzione, il legislatore fa riferimento a quanto è previsto dall’articolo 13, comma 2 del TUIR. Questa particolare disposizione prevede che i figli siano considerati fiscalmente a carico nel momento in cui non superano i 24 anni di età e stanno percependo un reddito pari o inferiore a 4.000 euro.

Nel caso in cui i figli dovessero superare i 24 anni, continuano ad essere considerati a carico nel caso in cui percepiscono un reddito complessivo annuo inferiore a 2.840,51 euro.

Fringe benefit: tiriamo le somme

Stando a quanto abbiamo visto fino a questo momento, possiamo dedurre che il legislatore abbia optato per due diverse soglie per la non imponibilità dei fringe benefit:

  • dipendenti senza figli a carico: in questo caso rimane ferma la detassazione fissata a 258,23 euro, così come era stato predisposto all’interno dell’articolo 51, comma 3 del TUIR per i beni che vengono ceduti e per i servizi che vengono prestati ai dipendenti;
  • dipendenti con figli a carico: cambiano radicalmente le cose quando i lavoratori hanno dei figli a carico. In questo caso la soglia di detassazione sale sino a 3.000 euro. All’interno di questa cifra possono essere inclusi anche le somme erogate dai datori di lavoro per provvedere al pagamento delle utenze dell’acqua, dell’elettricità e del gas. Questa disposizione, è importante ricordarlo, vale solo e soltanto per il 2023. Sempre che non arrivino delle proroghe strada facendo.

In entrambi i casi, quando i fringe benefit superano le soglie indicate, deve essere sottoposto a tassazione tutto l’importo erogato non solo l’eccedenza.

 

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