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Nata sulla carta il primo gennaio di quest’anno, in realtà la Zona Economica Speciale (Zes) per il Mezzogiorno dovrebbe decollare non prima di marzo. Il governatore De Luca (voce isolata) resta critico


Se non è una falsa partenza, poco di manca. La nuova Zona economica speciale per il Mezzogiorno, nata sulla carta il primo gennaio di quest’anno, in realtà dovrebbe decollare non prima di marzo. Lo slittamento si è reso necessario per trasferire le attuali competenze in capo agli otto commissari delle Zes del Sud nelle mani della nuova struttura, che sarà coordinata da Antonio Caponnetto, insieme con i due direttori generali Pietro Paolo Mileti e Lorenzo Armentano.

È un lavoro in itinere, tant’è che le novità non finiscono qui. Fino a marzo, gli attuali otto commissari si vedranno allargare il perimetro delle loro competenze a tutta la regione in cui ricade la loro Zes, laddove Zona economica speciale e territorio regionale non coincidono del tutto. L’obiettivo del ministro per la Coesione Raffaele Fitto, che ha cristallizzato questa piccola rivoluzione nel Decreto Sud, è quello di evitare salti nel vuoto e garantire la continuità delle attività.

In effetti i commissari non avevano operato per niente male, come certificato da uno studio del gruppo The European House – Ambrosetti presentato a novembre scorso. È la prima analisi realizzata, ad oggi, sulle esperienze italiane nel più ampio contesto delle Zes in Europa. Focus dello studio, le esperienze di Campania e Calabria guidate dal commissario straordinario Giosy Romano, che nel 2021, ossia dall’avvio della loro operatività, hanno raggiunto il primo posto in termini di distribuzione degli investimenti Pnrr tra le otto Zes italiane. Brillanti soprattutto i risultati della Campania.

LA ZES DEL MEZZOGIORNO HA ATTRATTO INVESTIMENTI PER QUASI 2 MILIARDI

La Zona economica speciale è riuscita ad attrarre investimenti per circa 900 milioni di euro tramite l’Autorizzazione unica e 1,1 miliardi di euro con lo strumento del credito di imposta, con una ricaduta più che positiva sull’occupazione locale stimata intorno alle 8mila persone. Ancora più rilevanti, gli effetti positivi generati dalle attività delle filiere in totale. Secondo le stime dello Studio Ambrosetti, gli investimenti attratti dalla Zes Campania attiveranno 23 miliardi di euro in termini di valore aggiunto e oltre 20mila posti di lavoro.

Con questi numeri record, diventa ancor più evidente che il passaggio alla Zes unica dovrà essere affrontato garantendo che non ci sia discontinuità nei trend positivi registrati, come paventato dal governatore Vincenzo De Luca. Sul piede di guerra per lo sblocco dei Fondi di sviluppo e coesione (Fsc), che sono valsi al ministro della Coesione una denuncia in sede penale, amministrativa e contabile, De Luca ci ha messo poco ad etichettare la novità della Zes unica targata Fitto come una “follia totale”. Un tentativo di centralizzazione che rischia di sacrificare questo prezioso strumento di attrattività degli investimenti al Mezzogiorno, destinato a incagliarsi nella palude burocratica romana “per una scelta di clientela politica nazionale”, aveva tuonato il governatore.

I DUBBI E GLI AVVERTIMENTI

La sua voce è rimasta isolata. Eppure, anche chi confida nella nuova Zes non evita di mettere in guardia l’esecutivo sull’attuazione della Zona economica speciale unica. La Fondazione Mezzogiorno, guidata da Antonio D’Amato, pur promuovendo la Zes unica “che può evitare la parcellizzazione della spesa basata solo sulla necessità di spendere per non perdere i fondi o per alimentare clientelismi locali”, tiene alta l’attenzione sulla fase attuativa.

“Lo sportello unico digitale che, ci auspichiamo, possa essere attivato anche con protocolli con le Regioni, dovrà superare tutti i meccanismi burocratici che rendono difficile per un investitore estero venire a realizzare un nuovo insediamento in Italia e particolarmente nel Mezzogiorno”, avverte la Fondazione. Incoraggiato dal rilievo che la norma attribuisce agli investimenti dei privati, D’Amato legge nel nuovo modello di intervento un grande passo avanti nella gestione della spesa di tutti i fondi disponibili e auspica che la nuova visione organizzativa venga implementata rapidamente, di concerto anche con gli attori privati fondamentali per lo sviluppo, per evolvere “verso un’Agenzia quale Ente programmatore, attuatore e gestore di tutti i fondi per la coesione e la perequazione territoriale”.

LA LINEA DEGLI INDUSTRIALI DI NAPOLI

Sulla stessa linea, il presidente degli industriali di Napoli Costanzo Jannotti Pecci. “Immaginare che tutte le aree del Mezzogiorno possano godere delle medesime agevolazioni è sicuramente un obiettivo e una prospettiva di grande interesse – ha detto l’imprenditore intervenendo a una tavola rotonda organizzata sul tema dall’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli guidato da Eraldo Turi – ma occorre essere molto attenti su quella che è l’effettiva efficacia dello strumento, laddove dovessero nascere problemi di carattere tecnico-amministrativo. Auspichiamo che la struttura centrale proceda con celerità per agevolare l’attrazione degli investimenti. È una sorta di ritorno al passato, che da tanti era stato criticato e, invece, oggi molti rivorrebbero. Mi riferisco ai tempi della Cassa per Mezzogiorno”.


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