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In tema di condono edilizio (quello straordinario), è abbastanza interessante la recente sentenza 4074/2023 del 21 aprile del Consiglio di Stato perché chiarisce il ‘perimetro di azione’ di un singolo condono, soprattutto se, come nel caso di specie, poi subentrano dei vincoli di qualsiasi tipo.

Il vincolo idrogeologico alla base del diniego del condono

Nel caso di specie, stato impugnato un diniego di permesso di costruire in sanatoria e contestuale ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.

In riferimento a tale provvedimento, parte appellante ha riferito di aver realizzato sin dal 1979 un manufatto  e di averne chiesto il condono nell’anno 1986 (quindi con le regole della legge 47/1985 – cd. Primo condono edilizio).

Il condono è stato negato con riferimento all’esistenza di un vincolo idrogeologico con elevato fattore di rischio frane, dando inoltre atto dell’esistenza di altri vincoli.

L’appellante contesta la sentenza del TAR nella parte in cui ha ritenuto il provvedimento di diniego indenne da censure, poiché all’atto della sua emissione il vincolo risultava sussistente, così da ritenere operante la previsione di cui all’art. 33 della legge 47 del 1985.

Non solo.

Secondo l’appellante, l’insieme dei vincoli di carattere “paesistico” elencati dal primo al terzo alinea del provvedimento impugnato sono tutti successivi alla realizzazione dell’opera e, per ciò che attiene al D.M. 25.01.1958, richiamato al primo alinea, lo stesso non comporta quel carattere di inedificabilità “assoluta”, che altrimenti osterebbe al condono ai sensi dell’art. 33 della legge 47/1985.

Per l’effetto, era onere dell’amministrazione comunale verificarne la “compatibilità” alla stregua di quanto prescritto dalla prima proposizione dei co. 1 e 3 dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985, nel testo previgente a quello introdotto dall’art. 32, co. 43, della l. n. 269 del 2003 (inapplicabile alla fattispecie) ed in virtù dell’art. 5 del “protocollo d’intesa” di cui alla delibera di G.M. n. 106/2011, e alla stregua dei criteri all’uopo fissati nel relativo “Allegato A”.

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Condono edilizio: quali norme bisogna applicare?

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso partendo da una precisazione forse abbastanza logica ma importante: al caso in esame deve essere applicata la legge 47/1985 nella sua versione originaria (cd. primo condono) e non le norme relative ai cc.dd. secondo e terzo condono (legge 724/1994 e decreto legge 269/2003), che sono intervenute modificando la predetta legge 47/1985, dal momento che la domanda di condono è stata presentata nel 1986 in base all’art. 31 di quest’ultima legge ed entro i relativi termini.

In altre parole, indipendentemente dalla data nella quale è stato emesso il provvedimento, la domanda dell’appellante deve essere esaminata in base ai presupposti previsti per il condono dalla legge 47/1985, non potendo risentire delle modifiche alla stessa apportate dalle successive disposizioni condonistiche ed in particolare dal decreto legge 269/2003 che, pur presentandosi formalmente come una riapertura dei termini della precedente disciplina del 1985, detta una diversa e nuova ipotesi di sanatoria straordinaria, restringendo l’effetto di clemenza rispetto al cd. primo condono.

Il concetto del “tempus regit actum”

Peraltro, più in generale, la giurisprudenza ha precisato che il principio tempus regit actum è applicabile solo ai titoli autorizzatori preventivi e non a quelli in sanatoria, ex artt. 31 e ss. legge 47/1995 (cfr. Cons. St. n. 4486/2014; in senso analogo, in riferimento all’accertamento di conformità ex art. 36 TU Edilizia, vedasi anche Cons. St. n. 5041/19).

Le regole del primo condono edilizio “originale”

In virtù, quindi, dell’art. 32 comma 1 e dell’art.33 della legge 47/1985 , nella versione antecedente alle modifiche apportate dal DL 269/2003, in presenza di vincoli introdotti successivamente all’edificazione, in base ai già citati artt. 32 e 33 della legge 47 del 1985 (non sono invece rilevanti le disposizioni più restrittive di cui alle successive leggi sul condono) non è precluso puramente e semplicemente il rilascio della sanatoria, ma questa è soggetta alla previsione generale del citato art. 32, comma 1, e quindi consente la sanatoria se vi è il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Sotto tale profilo, le valutazioni dell’autorità preposta alla tutela del vincolo devono essere rapportate al caso concreto, e non tradursi nella mera applicazione delle norme vincolistiche, ciò anche nel caso in cui, per ipotesi, si sia al cospetto di un vincolo di inedificabilità, che non consentirebbe in linea generale di realizzare alcuna opera.

La giurisprudenza ha quindi chiarito che il vincolo successivo, pur non precludendo puramente e semplicemente il rilascio della sanatoria, in base agli artt. 32 e 33 della legge 47/1985, la consente solo se vi è il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Se i vincoli sono successivi all’edificazione

Ma qui i vincoli, salvo il primo, apposto con DM 33 del 25/01/1958, sono successivi all’edificazione, che come detto deve farsi risalire al 1979.

Sarebbe quindi stata necessaria una valutazione specifica e concreta di compatibilità dell’opera con il vincolo ad essa sopravvenuto.

L’amministrazione è venuta meno a tale dovere, essendosi limitata a constatare la presenza dei vincoli, a valorizzarne uno in particolare – quello relativo al rischio frane, poi venuto meno ad opera dalla stessa amministrazione competente – senza svolgere alcuna specifica attività istruttoria, né acquisire alcun parere da ciascuna autorità preposta alla tutela di ogni specifico vincolo.

Vale una conclusione sostanzialmente analoga, seppur per una diversa ragione, in riferimento al vincolo paesaggistico di cui al D.M. n. 33 del 25/01/1958, dal momento che la relativa disciplina, pur antecedente all’edificazione, non prevedeva un vincolo assoluto di inedificabilità.

Ciò non risulta in alcun modo contestato dal Comune appellato, che si limita a dedurre la natura assoluta del vincolo relativo alla fascia stradale, prospettando per ciò solo che lo stesso sarebbe preclusivo al condono straordinario (prospettazione che, come detto, contrasta con l’orientamento innanzi citato).

In altri termini, il vincolo paesaggistico di cui al D.M. n. 33 del 25/01/1958 rientra nell’ambito dell’art. 32 cit. in base al quale “il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”.

Il ricorso, quindi, va accolto.


LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

 

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