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Tenere duro finché è possibile e finché la rata resta ai limiti del sostenibile. Oppure provare a rinegoziare il mutuo allungandone la scadenza, ben sapendo però che, nel lungo termine, ciò si tradurrà comunque in una stangata di interessi complessivi. Sono tempi complicati per le famiglie che hanno acceso un mutuo a tasso variabile.

Perché se è vero che finora quelle stesse famiglie hanno approfittato di tassi di interesse inferiori rispetto a chi aveva scelto il mutuo a tasso fisso, l’impennata dei tassi, negli ultimi dodici mesi, è stata violenta e dolorosa per le loro tasche. C’è chi critica la politica monetaria ritenuta troppo restrittiva da parte della Banca centrale europea in chiave anti-inflazione, ma c’è anche chi, e sui social network sono in molti, accusa le banche, ritenute incapaci di consigliare per il meglio coloro che, evidentemente, non avrebbero potuto permettersi un aumento della rata mensile, e quindi un tasso variabile. Da più parti agli istituti bancari viene chiesta disponibilità sulla rinegoziazione dei mutui, disponibilità che l’Associazione bancaria italiana (Abi) ha già dato, ma che per le norme europee è possibile solo per chi non sia già in ritardo con i pagamenti.

Un mutuo con anche una sola rata inevasa è già ritenuto, infatti, un credito deteriorato. «Sono quasi un milione le famiglie italiane in difficoltà con il pagamento delle rate dei mutui per l’acquisto delle abitazioni: stiamo parlando, complessivamente, di arretrati che ammontano a circa 6,8 miliardi di euro – ha sottolineato ieri il segretario generale del sindacato bancario Fabi, Lando Maria Sileoni, parlando a La7 –. Si tratta, per dare qualche dettaglio, di 2,7 miliardi di sofferenze, di 3,4 miliardi di inadempienze probabili e di 620 milioni di rate scadute. Buona parte di questi problemi riguarda i mutui a tasso variabile », i cui importi «sono cresciuti anche del 70-75% a causa dell’aumento del costo del denaro deciso dalla Banca centrale europea».

Il rapporto presentato ieri dall’Abf, l’Arbitro bancario e finanziario, evidenzia che, se in generale gli esposti alla Banca d’Italia da parte dei clienti di banche e società finanziarie sono calati nel 2022, nei primi mesi del 2023 sono saliti «significativamente » quelli relativi proprio alle richieste di rinegoziazione di mutui ipotecari a tasso variabile, collegate all’incremento dei tassi di interesse. «Sul tema delle difficoltà del pagamento delle rate di mutuo per effetto dell’aumento dei tassi, che tocca spesso i giovani, si è aperto un dialogo con le associazioni dei consumatori per definire linee di azione comune», ha sottolineato Antonella Magliocco, capo servizio tutela clienti della Banca d’Italia. Complessivamente, Via Nazionale ha ricevuto lo scorso anno oltre 9.200 segnalazioni sui comportamenti di banche e operatori finanziari vigilati, con un calo pari al 6% rispetto all’anno precedente ma il dato è comunque superiore rispetto al quinquennio precedente la pandemia. Mercoledì è stato il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, a evidenziare la disponibilità delle banche per la rinegoziazione dei mutui, invocando anche «un cambio delle regole rigide, troppo rigide» dell’Eba (l’autorità bancaria europea) «per chi è in ritardo sui pagamento delle rate», ritardo che non permette alle banche una maggiore flessibilità. Circa un terzo dei mutui erogati in Italia, un mercato da 425 miliardi di euro di stock, è a tasso variabile, ma sui mutui erogati nel secondo trimestre di quest’anno si scende al 7,3%. Diversi istituti hanno già dato la loro disponibilità alla rinegoziazione, come Intesa Sanpaolo e Banco Bpm; Unicredit, dal canto suo, da circa un mese consente di sospendere la quota capitale o l’allungamento della scadenza per un periodo fino a un massimo di 4 anni. E il presidente di Federcasse Augusto dell’Erba ha annunciato che le Bcc «troveranno soluzioni ritagliate su misura» per i clienti.

Tuttavia, la convenienza di un eventuale allungamento del piano di rimborso dipende da molti fattori, a cominciare dagli anni che mancano al termine del proprio finanziamento. Allungare i tempi non è un’operazione a costo zero: se, da un lato, si attenua l’impatto sul reddito disponibile di una famiglia, dall’altro aumenta, complessivamente, la quota di interessi da pagare alle banche. Inoltre, c’è il rischio di non beneficiare a pieno di un probabile calo dei tassi nel medio periodo. Se si allunga da 25 a 30 anni un mutuo di 120mila euro (Taeg del 4,38%), gli interessi da corrispondere alla banca salgono in totale a 91.566,67 euro, con un incremento di ben 17.390 euro in appena 5 anni, ossia 3.478 euro all’anno, per ottenere un alleggerimento della rata di circa 60 euro al mese. È la soluzione giusta? «Servono delle garanzie in favore dei cittadini », sottolinea da parte sua il Codacons. Ognuno, insomma, è chiamato a fare bene i suoi calcoli. Posto che di solito, le banche, i loro difficilmente li sbagliano.

 

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