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In caso di ‘secondo condono edilizio’, la regolarizzazione degli abusi edilizi ricadenti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico relativo alla presenza di un corso d’acqua richiede inderogabilmente il previo rilascio del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Le regole del secondo condono, quello del 1994, sono meno stringenti rispetto a quelle del terzo del 2003, che in zona vincolata non ammette praticamente opere, se si escludono manutenzioni e restauri/risanamenti conservativi.

Però, anche nel caso del secondo condono, e soprattutto in zona sottoposta a vincolo, vanno rispettate delle regole, e di questo tratta la sentenza n.200/2024 del Tar Piemonte, relativa a cinque istanze di condono edilizio ex art. 39 della legge 724/1994 aventi a oggetto opere di ampliamento e la trasformazione di due tettoie al primo piano rispettivamente in un laboratorio e in un’abitazione.

 

Secondo condono edilizio: la richiesta per la formazione del silenzio-assenso

Secondo la parte ricorrente, in relazione all’omessa acquisizione del parere all’Autorità preposta al vincolo, ai sensi dell’art. 39, comma 4, della legge 724/1994, sarebbe maturato il silenzio assenso sulle domande di condono edilizio, con conseguente formazione tacita del condono;

Non solo: la mancata pronuncia del parere da parte della Regione non può rilevare nel senso dedotto negli atti impugnati, in quanto l’art. 39, comma 4, della legge 724/1994 non distingue tra immobili sottoposti ed estranei al vincolo ma fa sempre decorrere il termine di perfezionamento del silenzio assenso dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Secondo condono edilizio: serve il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo

Il Collegio rileva che le istanze di condono respinte con gli atti impugnati hanno rispettivamente ad oggetto:

  • a) la costruzione di due tettoie e di piattaforma per carico e scarico di merci;
  • b) la trasformazione di una tettoia aperta in un’abitazione mediante chiusura perimetrale (con creazione di mq. 40 di superficie e di mc. 113 di volume);
  • c) la trasformazione di una tettoia aperta in un laboratorio mediante chiusura perimetrale della stessa (corrispondente a mq. 153 e mc. 432);
  • d) l’ampliamento per mq. 66 di un laboratorio al piano terra;
  • e) l’ampliamento di mq. 60 di altro laboratorio al piano terra.

La regolarizzazione degli abusi edilizi in questione, ricadenti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico relativo alla presenza di un corso d’acqua, richiedeva inderogabilmente il previo rilascio del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, parere che non è mai stato rilasciato.

Solamente dopo il rilascio del parere favorevole ex art. 32 della legge n. 47/1985 può iniziare a decorrere il termine per la maturazione del silenzio assenso sul condono (Cons. Stato, II, 21.4.2023, n. 4032).

Pertanto, poiché il rilascio del titolo richiesto è necessariamente subordinato all’ottenimento dell’atto espresso di assenso asseverante la compatibilità dell’opera rispetto al vincolo esistente e poiché il suddetto atto non è stato mai rilasciato all’interessata, non si è formato il provvedimento tacito di condono (TAR Lombardia, Brescia, I, 1.9.2020, n. 626; TAR Piemonte, I, 11.12.2012, n. 1321).

 

Secondo e terzo condono edilizio: in attesa della sanatoria ammessi solo interventi di conservazione

In attesa della definizione del condono edilizio possono essere effettuati soltanto interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, purché gli stessi non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d’uso dell’immobile

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Il parere positivo non si può formare per silenzio assenso

Il TAR precisa, inoltre, che né l’art. 39 della legge n. 724/1994 né alcuna altra norma di riferimento prevede, ai fini della sanatoria paesaggistica o del parere di compatibilità ex art. 1-quater del DL 312/1985, una proposta o schema di provvedimento formulata dal Comune e rivolta alla autorità preposta alla tutela del vincolo.

Il procedimento di sanatoria paesaggistica, quindi, non si articola su uno schema di provvedimento sul quale quest’ultima è chiamata a esprimersi quale autorità codecidente, giacché la valutazione di compatibilità paesaggistica dell’intervento è di esclusivo appannaggio dell’autorità di tutela del vincolo, senza che il Comune possa esprimere alcuna proposta in ordine alla conformità dell’opera rispetto al vincolo paesaggistico.

Da tali considerazioni consegue che il decorso del termine di conclusione del procedimento determina la formazione del silenzio inadempimento e non del silenzio assenso, essendo il procedimento di compatibilità paesaggistica postuma al di fuori della portata applicativa dell’art. 17 bis della legge 241/1990.


LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

 

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