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Con il repentino aumento del tasso di interesse di riferimento (TUR) da parte della Banca centrale europea (pari al 2,50% nel dicembre 2022), risulta necessario chiedersi se la concessione di prestiti a favore dei dipendenti sia ancora fiscalmente “conveniente”, in termini di forfettizzazione del relativo fringe benefit tassabile, alla luce dell’attuale impianto normativo.

In materia di redditi di lavoro dipendente, l’art. 51, comma 4, lett. b) del DPR n. 917/1986 prevede che, in caso di concessione di prestiti a favore dei dipendenti, costituisce fringe benefit per il dipendente il 50% della differenza tra:

(i)l’importo degli interessi calcolato in base al tasso ufficiale di riferimento stabilito dalla Banca centrale europea, al termine di ciascun anno;

(ii)l’importo degli interessi rimasti a carico del dipendente, calcolati in base al tasso effettivamente applicato.

Con un chiaro intento agevolativo, la norma interviene esclusivamente quando il tasso di interesse effettivamente applicato al dipendente nel corso dell’anno sia inferiore al TUR rilevato al termine di ciascun anno.

Negli ultimi anni e fino al 2021, il TUR è stato prossimo allo zero e, pertanto, non emergeva di fatto alcuna materia imponibile in capo al dipendente ai sensi del menzionato art. 51, comma 4, lett. b).

A partire dal 2022, con il drastico aumento del TUR, la concessione di prestiti ai dipendenti potrebbe fare emergere un fringe benefit da assoggettare a tassazione. Si consideri il seguente esempio:

–quota capitale del finanziamento: Euro 100.000;

–TUR di fine anno pari allo 2,50%, con interessi pari ad Euro 2.500;

–interessi effettivamente applicati: Euro 2.000 (supponendo un tasso del 2%);

–il datore di lavoro sostiene interamente il costo degli interessi applicati.

Nel predetto esempio, il fringe benefit da assoggettare a tassazione sarebbe pari ad Euro 1.250.

Da un punto di vista operativo, il datore di lavoro in qualità di sostituto di imposta è tenuto ad applicare le ritenute fiscali sul fringe benefit in esame:

(i) nel corso dell’anno, applicando il tasso ufficiale di riferimento vigente al 31 dicembre dell’anno precedente;

e (ii) in sede di conguaglio, applicando il tasso ufficiale di riferimento al termine dell’anno.

Considerato che alla fine del 2021 il TUR era nullo, i datori di lavoro non hanno applicato alcuna ritenuta fiscale nel corso del 2022; a causa dell’aumento del tasso, in sede di conguaglio, i dipendenti subiranno ora la ritenuta dovuta al ricalcolo del fringe benefit con riferimento al TUR al 31 dicembre 2022.

Ciò premesso, è evidente che il criterio di determinazione forfetario del reddito in caso di concessione di finanziamenti ai dipendenti dovrebbe essere ripensato dal legislatore alla luce dell’attuale contesto economico-finanziario, poiché la meccanica di forfetizzazione prevista dall’art. 51, comma 4, lett. b) del TUIR, in una dinamica di tassi crescenti, rischia in realtà di trasformarsi in una penalizzazione, vanificando l’intento agevolativo della norma stessa.

Per esempio, per mitigare l’effetto della ritenuta da applicare in sede di conguaglio – specie i un contesto di tassi crescenti – la norma potrebbe essere modificata prendendo a riferimento, in luogo del TUR di fine anno, la media tra TUR di inizio anno e quello di fine anno. Inoltre, considerato il drastico aumento dei tassi, il legislatore potrebbe anche valutare di diminuire la percentuale di fringe benefit che concorre alla formazione del reddito complessivo (per esempio, ridurre al 20%, rispetto all’attuale 50%).

Si tratta di possibili correttivi che potrebbero presentare l’appetibilità di questa tipologia di fringe benefit nell’attuale congiuntura economica.

*a cura di Antonino Guida, of Counsel e Antongiuseppe Morgia, associate di Chiomenti

 

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