Non esiste un numero massimo di aste di vendita dell’immobile pignorato: il limite di tre aste si applica solo alle procedure esecutive mobiliari.
La riforma del 2016 [1] in materia di espropriazione forzata e procedure concorsuali ha avuto ed ha tuttora una certa eco soprattutto con riferimento alla modifica di alcune norme del codice di procedura civile riguardanti la possibile estinzione del processo esecutivo dopo il terzo tentativo infruttuoso di vendita all’asta del bene pignorato. Complici, come sempre, la poca chiarezza degli interventi riformatori ma anche la diffusione repentina di notizie errate e fuorvianti sul punto, si è giunti a credere che il limite delle tre aste di vendita del bene pignorato si applichi anche alle procedure esecutive immobiliari e che, dunque, alla terza asta deserta il giudice possa ordinare automaticamente l’
estinzione del pignoramento e restituire la casa al debitore.
Non è proprio così.
Nessuna norma del nostro ordinamento giuridico prevede infatti, allo stato, un limite massimo di tentativi di vendita dell’immobile pignorato, al superamento dei quali vi sarebbe la liberazione del bene. La disposizione introdotta dalla riforma del 2016 che prevede il limite dei tre tentativi d’asta è riferita unicamente alle esecuzioni mobiliari e non anche a quelle aventi ad oggetto beni immobili [2]. Essa prevede, infatti, che il giudice dell’esecuzione, nel provvedimento con cui dispone la vendita dei beni mobili pignorati, «fissa il numero complessivo, non superiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non superiore a sei mesi, alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria».
Tra le regole relative alla procedura esecutiva immobiliare non si riscontra, invece, neppure a seguito della riforma del 2016, alcuna previsione di un numero massimo di aste. La novella legislativa ha interessato solo il prezzo d’asta nelle procedure immobiliari
[3] stabilendo che, nel provvedimento di nuova vendita dell’immobile, «il giudice può stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il terzo tentativo (la norma riformata prevedeva invece “dopo il quarto tentativo”) di vendita andato deserto, fino al limite della metà».
Dunque, un immobile può essere soggetto anche a 4, 6, 10 tentativi di asta senza limiti numerici. Tuttavia, esiste una “fine” al pignoramento immobiliare infruttuoso, fine che può essere sancita dal giudice con l’estinzione anticipata della procedura.
Estinzione anticipata della procedura esecutiva infruttuosa
La legge [4] prevede infatti che, quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo
.
Ciò vuol dire che il giudice, chiamato a decidere su un’istanza di estinzione anticipata della procedura (presentata dal creditore o dal debitore), deve valutare l’eventuale infruttuosità della procedura esecutiva sulla base di due parametri:
- il fatto che, pure a seguito di molteplici esperimenti di vendita, il bene non ha suscitato interesse nel mercato, e ciò nonostante l’ampia pubblicità attuata ed il fatto che sia stato posto in vendita ad un prezzo estremamente esiguo in valori assoluti;
- il «ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori», in base al principio di economicità, in base al quale il processo esecutivo deve ritenersi antieconomico anche laddove il probabile ricavato delle vendite non consenta un normale, o comunque in concreto congruo, soddisfacimento della pretesa creditoria azionata, vale a dire nell’ipotesi in cui, in relazione all’ammontare dei crediti per cui si procede, il ricavato delle vendite non consenta un, seppure parziale, quantomeno congruo soddisfacimento dei creditori o almeno di uno dei creditori [5].
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