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Anche se la casa è sottoposta a pignoramento, sui canoni di affitto bisogna pagare le tasse.

In caso di immobile pignorato, i canoni di affitto vanno denunciati? La soluzione è stata offerta più volte dalla giurisprudenza.

Secondo i giudici, sui canoni di affitto si versano le tasse sia nel caso in cui l’inquilino sia moroso e non paghi (almeno fino a quando il padrone di casa non ha ottenuto un provvedimento di sfratto), sia quando la casa è pignorata e i canoni vengono erogati direttamente al custode nominato dal tribunale [1]. In entrambi i casi, dunque, per quanto il padrone di casa non percepisca materialmente le somme a titolo di affitto, egli le deve comunque “denunciare” nella dichiarazione dei redditi. A ricordarlo è una recente e interessante sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia

[2] e, più di recente, la CTR Toscana [3] che a sua volta richiama la Cassazione.

La legge [1] stabilisce che i cosiddetti «redditi fondiari», quelli cioè derivanti dagli immobili – come appunto i canoni di locazione – concorrono a formare l’imponibile del contribuente sottoposto a tassazione, a prescindere dal fatto che detti importi siano stati percepiti o meno dal contribuente. In altre parole, il proprietario della casa deve pagare l’Irpef sull’affitto anche se non lo percepisce.

Il proprietario di un immobile pignorato ha l’obbligo di dichiarare i relativi canoni di locazione anche se le somme sono incassate dal custode.

Nel caso di pignoramento della casa, potrebbero verificarsi due diverse ipotesi:

  • il pignoramento viene eseguito su un immobile già dato in affitto dal proprietario; in tal caso, il conduttore può opporre il suo contratto alla procedura e potrà continuare a rimanere all’interno della casa benché soggetta ad esecuzione forzata. Tuttavia, in tale ipotesi, i canoni non andranno più versati al titolare dell’immobile ma al custode giudiziario che, con tali importi, provvederà a pagare i creditori intervenuti;
  • il pignoramento viene eseguito quando, nella casa, ci vive il proprietario. Il giudice può (ma non è tenuto a farlo) ordinare il rilascio dell’immobile e poi darlo in affitto a terzi per rendere il bene produttivo di reddito.

In entrambe le ipotesi, il proprietario dell’immobile – perché tale continua ad essere nonostante la procedura esecutiva, fino all’aggiudicazione al miglior offerente – non percepisce l’affitto,

ma lo deve comunque dichiarare al Fisco. Questo perché l’incasso dei canoni da parte del custode si risolve comunque in una utilità per il contribuente, andando a decurtare il suo debito. È quasi come se i pagamenti dei canoni venissero eseguiti al proprietario e questi, a sua volta, li girasse ai creditori; in realtà, questa procedura avviene con la longa manus del tribunale e del custode giudiziario.

Casa pignorata: i canoni di affitto vanno dichiarati e tassati

Per comprendere meglio come stanno le cose facciamo un esempio. Immaginiamo una persona che subisca il pignoramento della casa da lui in precedenza affittata a un inquilino. Per ordine del giudice i canoni di locazione devono essere riscossi direttamente dal custode che provvede a ripartirli tra i due creditori procedenti. Senonché il proprietario, non percependo più le somme, non le inserisce nella dichiarazione dei redditi. L’Agenzia delle Entrate gli notifica un accertamento fiscale: secondo la tesi del Fisco, sulle somme dell’affitto il contribuente deve ancora pagare le tasse. Di diverso avviso quest’ultimo, secondo cui il pignoramento dell’immobile fa venire meno il possesso, senza il quale non si dichiara alcun reddito. Inoltre, rileva come i canoni accertati non siano mai stati incassati per la morosità del conduttore. Chi dei due ha ragione?

Il contribuente è tenuto a indicare, nella dichiarazione dei redditi, i canoni di locazione anche se non percepiti perché sulla casa è in atto un pignoramento. Se il custode non agisce contro l’inquilino moroso, tale fatto, lungi dal giustificarne la mancata tassazione, potrà al massimo fondare una causa per responsabilità al custode.

Nella motivazione, la Ctp richiama alcune pronunce della Cassazione secondo cui, in caso di pignoramento, l’onere tributario grava sempre sul proprietario «il quale del resto si giova del reddito del bene (anche quando non lo utilizza direttamente) in quanto tale reddito concorre al soddisfacimento dei debiti» [4].

Nella sentenza, la Commissione regionale richiama l’articolo 8, comma 5, della legge 431/1998, la quale dispone che: «I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore». Tuttavia, il collegio regionale aggiunge che la stessa Cassazione (sentenza n.21621/2015) ha affermato che «per il reddito da locazione non è richiesta, ai fini della imponibilità del canone, la materiale percezione del provento. Dunque, il relativo canone va dichiarato, ancorché non percepito, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto medesimo».

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