L’atto di pignoramento deve contenere l’avvertimento al debitore della nuova preclusione per la presentazione dell’opposizione all’esecuzione, che non può avvenire dopo che il giudice abbia disposto la vendita o l’assegnazione del bene pignorato.
Con il nuovo “decreto banche” [1] cambia il contenuto dell’atto di pignoramento che deve contenere un nuovo avvertimento per il debitore. Tutto nasce dalla riforma dell’art. 615 cod. proc. civ., relativo all’opposizione all’esecuzione, da cui è bene partire.
Secondo il nuovo testo dell’art. 615 cod. proc. civ., l’opposizione all’esecuzione per espropriazione è inammissibile se viene presentata dopo che il giudice abbia disposto la
vendita o l’assegnazione del bene pignorato. Si tratta, dunque, di una causa di decadenza che dovrebbe ridurre il contenzioso e accelerare i tempi per eventuali opposizioni. Questa regola è suscettibile di una sola eccezione: l’opposizione, infatti, può essere ugualmente proposta oltre il termine appena indicato solo nel caso in cui sia fondata su fatti sopravvenuti o se l’interessato dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile.
Di qui la modifica del contenuto dell’atto di pignoramento che deve dare atto di tale nuova preclusione. La nuova norma, infatti, stabilisce che l’atto di pignoramento deve contenere l’avvertimento che, a norma del nuovo art. 615, secondo comma, terzo periodo, l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione del bene pignorato a norma degli articoli 530, 552 e 569, “salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”.
La riforma contiene anche una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda i tempi dei pignoramenti immobiliari, prevedendo un numero massimo di tre aste dopo le quali la procedura viene chiusa dal giudice: per approfondimenti leggi “Esecuzioni immobiliari: il pignoramento finisce dopo 3 aste”.
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