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È inesigibile il credito tributario ricompreso nell’omologa di esdebitazione ottenuta dal contribuente dinanzi al Tribunale: questo è quanto deciso dalla Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia con la sentenza 9 marzo – 13 aprile 2021, n. 83 (testo in calce).

La Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia, confermando il proprio orientamento espresso in due precedenti pronunce (nn. 311/2019 e 312/2019), ha totalmente annullato il debito erariale di circa €. 1.700.000,00 imputato al contribuente, il quale aveva conseguito (nel 2017) il provvedimento di omologa di esdebitazione da parte del Tribunale (art. 143 L.F.).

Segnatamente, il Collegio di primo grado ha qualificato come inesigibile la citata pretesa fiscale avanzata da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, su incarico del creditore, ossia l’Agenzia delle Entrate.

I fatti del processo

L’Ente della Riscossione notificava al contribuente un’intimazione di pagamento, in forza della quale veniva richiesto il pagamento della abnorme somma di circa €. 1.700.000,00, la cui genesi da un lato promanava dalla esistenza di cartelle esattoriali e dall’altro di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, tutti notificati nell’arco temporale dal 2010 al 2016, in tema di Iva ed Irpef, relativamente agli anni di imposta dal 2001 al 2009.

Dunque, il tassello fondamentale per comprendere il perimetro della vicenda in commento è costituito dalla circostanza che il contribuente aveva rivestito il ruolo di amministratore di una S.n.c., la quale era stata dichiarata fallita dal Tribunale nel 2010.

Orbene, come anticipato, in data 17.07.2017, il Tribunale di La Spezia emetteva provvedimento di omologa di esdebitazione (art. 142 L.F.), su istanza presentata dal contribuente il 21.06.2017, di conseguenza venivano dichiarati inesigibili “i debiti concorsuali non integralmente soddisfatti”.

Proprio su tale aspetto, del tutto dirimente per l’accoglimento della difesa dell’interessato, l’art. 143, L.F. prevede che, con detto procedimento, “il tribunale dichiara inesigibili nei confronti del debitore già dichiarato fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente”.

Per ciò che concerne la strategia processuale, il ricorrente notificava l’atto introduttivo unicamente all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, pertanto – con siffatto modus operandi – gravava sul resistente l’onere di chiamare in giudizio l’Agenzia delle Entrate (per quanto concerne la notifica del credito ricollegato all’avviso di accertamento), come da insegnamento giurisprudenziale della Suprema Corte (Cass. SS. UU. n. 16412/07[1]).

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La decisione

Il Collegio accoglieva dunque la doglianza sollevata dal contribuente.

In primo luogo, per effetto del conseguimento del provvedimento di esdebitazione a favore del ricorrente, osservano i Giudici di prime cure, “ne discende l’inesigibilità, da parte dei creditori, tra i quali è certamente compresa l’Agenzia delle Entrate della Spezia, insinuatasi al fallimento, delle pretese creditorie risalenti al periodo 2001/2009, di cui all’intimazione di pagamento oggetto del contendere”.

In altri termini, a conferma delle precedenti sentenze rese per la medesima questione giuridica, viene ribadito il principio di diritto circa il divieto assoluto – per il creditore – di avanzare qualsivoglia richiesta di pagamento nei confronti dell’ex fallito, laddove quest’ultimo abbia ottenuto il decreto di esdebitazione[3], i cui risultati, al pari di un effetto dòmino, travolgono sine dubio le posizioni debitorie (ancora aperte, tuttavia anteriori al decreto esdebitatorio) contratte dall’interessato.

In secondo luogo, la Commissione Tributaria, già nel corso di celebrazione della pubblica udienza, respingeva la domanda di integrazione del contraddittorio formulata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione in sede di controdeduzioni, giacché “il resistente, costituitosi tardivamente, oltre il termine di 60 giorni [dalla notifica del ricorso], era decaduta, ai sensi dell’art. 23, D. Lgs. n° 546/92, dalla facoltà di chiamare in causa la Direzione Agenzia delle Entrate della Spezia”.

In particolare, deduce ulteriormente il Consesso adito, “né la chiamata in causa poteva essere disposta ex officio da questo Giudice, a ciò ostando i ben noti principi espressi, vertendosi in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 16412/2007[4].

CTP LA SPEZIA, SENTENZA N. 83/2021 >> SCARICA IL TESTO PDF

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[1] Nella decisione del Supremo Collegio si legge: “in ogni caso, l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio”; a ben vedere, argomenta ulteriormente la Corte: “la legittimazione passiva resta in capo all’ente titolare del diritto di credito e non al concessionario il quale, se fatto destinatario dell’impugnazione, dovrà chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non trattandosi nella specie di vizi che riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi: l’enunciato principio di responsabilità esclude, come già detto, che il Giudice debba ordinare ex officio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore”.

[2] cfr. Cass. n. 9440/19: “ove il presupposto impositivo si sia verificato prima dell’apertura del concordato preventivo del debitore, i crediti medesimi devono ritenersi anteriori al concordato”.

[3] Sempre a sostegno di tale argomentazione, la Corte di Cassazione (n. 27776/2017, n. 10528/2017, n. 8295/2018, n. 9216/2018, n. 9250/2019) ha ribadito nuovamente che, nel caso in cui il contribuente presenti ricorso – nei confronti del solo Agente della Riscossione – avverso un atto da essa emanato, dogliandosi anche di circostanze che afferiscono la debenza del tributo, sul Concessionario – quale destinatario dell’impugnazione – “incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario”. In conclusione, non essendo prevista la possibilità per il Giudice tributario di disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio in favore dell’Agenzia delle Entrate, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che grava sull’Ente ottemperare alla chiamata tempestiva dell’Ufficio fiscale, in qualità di creditore. In caso di tardiva od omessa chiamata (da parte dell’Ente della Riscossione), il contraddittorio processuale è da considerarsi perfettamente integro.

 

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