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Il Tar Lazio ci ricorda ancora una volta le regole del terzo condono edilizio (DL 269/2003) in zona vincolata, nel caso specifico – sentenza 8853/2024 del 3 maggio – per quanto riguarda una tettoia di 68 metri quadri aperta su tre lati, per la quale il comune ha negato la sanatoria straordinaria.

 

Qualificazione dell’opera abusiva

La prima questione da chiarire – evidenziano i giudici capitolini – concerne l’esatta qualificazione giuridica dell’opera abusiva di cui all’istanza di condono ai fini dell’applicazione della disciplina normativa in materia di c.d. terzo condono edilizio.

Si tratta, dunque, di una tettoia di mq 68 aperta su tre lati, mai munita di titolo edilizio ex ante.

 

Tettoia: è ristrutturazione edilizia o nuova costruzione

In proposito deve considerarsi che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, la realizzazione di una tettoia, indipendentemente dalla sua eventuale natura pertinenziale, è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), dpr 380/2001, nella misura in cui realizza l’inserimento di nuovi elementi ed impianti ed è quindi subordinata al regime del permesso a costruire, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera c), dello stesso TU Edilizia, laddove comporti una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce (Cons. Stato, VI, n. 8504/2023); del resto, in fattispecie analoghe a quelle per cui si procede, la giurisprudenza ha precisato che “non sussiste la natura pertinenziale nel caso in cui sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata un’opera qualsiasi, quale può essere ad esempio una tettoia, che ne alteri la sagoma” (Cons. Stato, VI, nn. 5153/2022 e 72/2018).

È stato, altresì, chiarito, che “la realizzazione di una tettoia va configurata, sotto il profilo urbanistico, come intervento di nuova costruzione, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari” (Cons. Stato, VI, n. 72/2018 cit.).

 

Terzo condono in zona vincolata: tettoie smontabili e serre sono abusi edilizi maggiori e insanabili

La realizzazione di una tettoia, indipendentemente dalla sua eventuale natura pertinenziale, è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del Testo Unico Edilizia, nella misura in cui realizza l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.

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Condono edilizio? Questa è una ristrutturazione edilizia cioè un abuso maggiore

Di conseguenza, si tratta di un intervento riconducibile in quelli che modificano la sagoma o il prospetto del fabbricato cui ineriscono, nel senso chiarito dalla giurisprudenza sopra richiamata, atteso che consiste in una copertura di dimensioni consistenti (ben 68 mq).

Insomma: è una ristrutturazione edilizia, riconducibile alla categoria dei cd. abusi maggiori, per quanto di riferimento per il terzo condono in zona vincolata.

 

Terzo condono edilizio: vietata la sanatoria per gli abusi maggiori in zona vincolata

Un abuso edilizio comportante nuovi volumi e superfici fruibili in area vincolata esclude in radice la possibilità di aver accesso al beneficio del cd. terzo condono per chiara volontà del legislatore

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Terzo condono in zona vincolata: le regole

Chiarita la natura degli abusi e tenuto conto delle ragioni poste a fondamento del diniego di condono – presenza dei vincoli esplicitati nel relativo provvedimento -, deve considerarsi che, sulla base delle previsioni dettate dall’art. 32, commi 26 e 27, del d.l. n. 269/2003 e dagli artt. 2 e 3, comma 1, lettera b), della l.r. Lazio n. 12/2004, possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 del DL 269/2003, integrate dalle opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi, riconducibili alle tipologie di illecito di cui ai nn. 1, 2 e 3, del menzionato Allegato, nelle quali rientra quello qui in rilievo, interviene una preclusione legale alla loro sanabilità.

In particolare, la norma statale di cui all’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003 è chiara nell’indicare come ostativa alla possibilità di rilascio del condono la realizzazione di opere recanti nuove superfici e nuovi volumi su aree soggette a vincoli posti a tutela dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere; in senso ancor più restrittivo è intervenuta la l.r. Lazio n. 12 del 2004, la quale, all’art. 3, comma 1, lettera b), prevede la non sanabilità delle opere realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.

Deve poi aggiungersi che “il richiamo al vincolo paesaggistico insistente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi edilizi e alle caratteristiche di questi ultimi costituisce motivazione sufficiente a fondare i dinieghi di condono impugnati” (cfr. Cons. Stato, VII, n. 10495/2022), con conseguente carattere vincolato del provvedimento di rigetto e sostanziale inutilità dell’accertamento di compatibilità paesaggistica, che nella specie era stato richiesto dalla ricorrente.

Infatti il rilascio di un parere favorevole da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo non consentirebbe comunque di superare l’indicata preclusione normativa propria della disciplina del cd. terzo condono connessa alla tipologia di intervento e di condurre conseguentemente all’accoglimento dell’istanza di condono.

 

Terzo condono edilizio in zona vincolata: no al silenzio-assenso

Proprio per la presenza dei vincoli, è inoltre infondato il primo motivo di ricorso con il quale si deduce la formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono.

Per quanto concerne i presupposti per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio, occorre, infatti, evidenziare che, fermo restando che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., Cons. Stato, VI, n. 6899/2018; id., IV, nn. 4703/2017 e 187/2017), a tal fine è necessario che sia stato completato il pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri concessori e che la domanda sia completa di tutta la documentazione, con la conseguenza che l’assenza di completezza della domanda di sanatoria osta alla formazione tacita del titolo abilitativo, si esclude altresì la sanatoria in via tacita degli abusi edilizi in area vincolata (cfr. Cons. Stato, VII, n. 10495/2022), avuto riguardo al fatto che l’art. 32, comma 1, legge n. 47/1985, richiamato dall’art. 32, comma 27, del DL 269/2003, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, sempre che si tratti di interventi riconducibili ai c.d. abusi formali o minori.


LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

 

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