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E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.

E’ quanto afferma la Corte Costituzionale con sentenza 24 aprile 2020, n. 75 (testo in calce).

Sommario

La questione

La questione è stata analizzata dopo che il Tribunale ordinario di Bergamo ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 44 della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che, in caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza a seguito di esito positivo della messa alla prova, il prefetto, anziché verificare la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca, disponga la restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto, ovvero nella parte in cui non prevede che, nel medesimo caso, il giudice civile, adito in sede di opposizione avverso l’ordinanza prefettizia di confisca, disponga la restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto.

Il rimettente considerava irragionevole che, in caso di estinzione del reato per svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice dovesse revocare la confisca del veicolo a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada e che, viceversa, in caso di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, egli dovesse trasmettere gli atti al prefetto, affinché quest’ultimo, ove ne ricorrano le condizioni, disponga la confisca del veicolo a norma del combinato disposto degli artt. 168-ter del codice penale e 224-ter, comma 6, cod. strada.

La decisione della Corte

La questione è apparentemente formulata in modo ancipite, poiché la violazione del parametro di ragionevolezza è riferita, nel contempo, all’omessa previsione del dovere del prefetto di disporre la restituzione del veicolo in caso di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova «ovvero» all’omessa previsione del medesimo dovere del giudice in sede di opposizione all’ordinanza prefettizia di confisca.

Per costante indirizzo della Corte, «l’alternatività del petitum che rende ancipite, e pertanto inammissibile, la questione di legittimità costituzionale è quella che non può essere sciolta per via interpretativa, e che si configura, quindi, come un’alternatività irrisolta (ex plurimis, sentenze n. 175 del 2018, n. 22 del 2016, n. 247 del 2015 e n. 248 del 2014; ordinanze n. 221 e n. 130 del 2017)» (sentenza n. 58 del 2020).

Nel caso in esame, l’interpretazione complessiva dei termini di formulazione suggerisce che il rimettente non abbia prospettato un’alternativa irrisolta tra questioni plurime, ma si sia limitato ad una presentazione sequenziale della medesima questione, laddove la congiunzione “ovvero” non ha valore disgiuntivo, bensì esplicativo, e sta cioè per “quindi”.

Secondo il petitum sostitutivo così interpretato, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada dovrebbe prevedere che, in caso di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, il prefetto deve ordinare la restituzione del veicolo all’avente diritto; e che, “quindi”, ove il prefetto non abbia ordinato la restituzione del veicolo, ed anzi ne abbia disposto la confisca, la restituzione deve essere ordinata dal giudice dell’opposizione alla confisca.

La Corte ritiene la questione è fondata.

L’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è stato introdotto, per gli imputati adulti, dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili).

In particolare, l’art. 3, comma 1, della legge n. 67 del 2014 ha aggiunto l’art. 168-bis cod. pen., che, al primo comma, consente di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova all’imputato per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’art. 550 del codice di procedura penale.

A norma dell’art. 168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato; comporta altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata, per effetto del terzo comma dell’art. 168-bis cod. pen., alla prestazione di lavoro di pubblica utilità, consistente in una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.

L’art. 168-ter cod. pen., esso pure aggiunto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 67 del 2014, stabilisce che l’esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede (secondo comma, primo periodo) e che, tuttavia, l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge (secondo comma, secondo periodo).

La Corte Costituzionale ha osservato che la messa alla prova non è una sanzione penale, poiché la sua esecuzione è rimessa «alla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato, il quale liberamente può farla cessare, con l’unica conseguenza che il processo sospeso riprende il suo corso» (sentenza n. 91 del 2018); pur non essendo una pena, tuttavia, la messa alla prova manifesta, per gli imputati adulti, una «innegabile connotazione sanzionatoria», che la differenzia dall’omologo istituto minorile, la cui funzione è, invece, essenzialmente (ri)educativa (sentenza n. 68 del 2019).

La connotazione sanzionatoria della messa alla prova degli adulti viene evidenziata, tra l’altro, dalla prestazione del lavoro di pubblica utilità, che, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., è una componente imprescindibile dell’istituto riguardo ai maggiorenni, e che invece, a norma dell’art. 27 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), non figura tra le prescrizioni del progetto di intervento elaborato dai servizi minorili (ancora sentenza n. 68 del 2019).

Aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge n. 120 del 2010, e quindi introdotto contestualmente all’art. 224-ter cod. strada, il comma 9-bis dell’art. 186 del medesimo codice prevede che la pena detentiva e pecuniaria per la guida in stato di ebbrezza, a condizione che il reato non abbia provocato un incidente stradale, può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.

Ai sensi del medesimo comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente di guida e revoca la confisca del veicolo sequestrato.

La Corte Costituzionale ha già avuto modo di sottolineare che il lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada è, a tutti gli effetti, una pena sostitutiva (ordinanza n. 43 del 2013).

Essa svolge, peraltro, anche una funzione “premiale”, in quanto il positivo svolgimento del lavoro sostitutivo determina per il condannato le favorevoli conseguenze della declaratoria di estinzione del reato, riduzione a metà della durata della sospensione della patente e revoca della confisca del veicolo (sentenza n. 198 del 2015).

Sia la messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen. che il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada hanno ad oggetto la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività.

Mentre rappresenta l’essenza stessa della pena sostitutiva di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività è soltanto una componente del trattamento di prova di cui all’art. 168-bis cod. pen.

Infatti, a norma dell’art. 168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova esige anche condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato, e altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

Il lavoro non retribuito in favore della collettività è una componente ulteriore della messa alla prova degli adulti, e tuttavia una componente imprescindibile, poiché, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., «la concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità».

Per costante giurisprudenza costituzionale, la discrezionalità del legislatore nella determinazione del trattamento sanzionatorio dei fatti di reato incontra il limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute e tale limite vale anche nella definizione degli istituti processualpenalistici.

Orbene, è manifestamente irragionevole che, pur al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e pur a fronte della medesima conseguenza dell’estinzione del reato, la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta per ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova.

L’irragionevolezza è resa ancor più evidente dal fatto che la sanzione amministrativa accessoria della confisca può essere disposta per ordinanza prefettizia nell’ipotesi di esito positivo della messa alla prova nonostante quest’ultima costituisca una misura più articolata ed impegnativa dell’altra, in quanto il lavoro di pubblica utilità vi figura insieme al compimento di atti riparatori da parte dell’imputato e all’affidamento dello stesso al servizio sociale.

I profili differenziali tra i due istituti non sono in grado di giustificare la previsione dell’applicabilità della confisca nel caso in cui la messa alla prova si sia conclusa positivamente, con la conseguente estinzione del reato.

Non lo è la circostanza che, a differenza della messa alla prova dell’adulto, applicabile solo a richiesta dell’imputato, il lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada può essere applicato dal giudice anche d’ufficio, alla sola condizione che l’imputato non vi si opponga (ordinanza n. 43 del 2013).

Il differente ruolo della volontà dell’imputato nell’applicazione delle due misure non incide sull’oggettività della prestazione lavorativa resa in favore della collettività, e con esito egualmente positivo, sicché esso non può giustificare un diseguale trattamento delle fattispecie in ordine alla confisca del veicolo.

Né la giustificazione della disparità di trattamento può essere rinvenuta nel fatto che, a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, il lavoro sostitutivo deve svolgersi «in via prioritaria» nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale.

Avendo carattere non perentorio, ma soltanto preferenziale, questa disposizione non è sufficiente a differenziare, in termini generali e assoluti, l’attività non retribuita svolta quale pena sostitutiva da quella viceversa prestata nell’ambito della messa alla prova.

Come già ricordato, nonostante la base volontaria che la distingue dalla pena, la messa alla prova dell’adulto determina pur sempre un «trattamento sanzionatorio» dell’imputato, ciò che questa Corte ha riconosciuto con la sentenza n. 91 del 2018, in adesivo richiamo alla sentenza 31 marzo 2016-1° settembre 2016, n. 36272, delle sezioni unite penali della Corte di cassazione.

La circostanza che tale trattamento sanzionatorio abbia una sua indefettibile componente nella prestazione del lavoro di pubblica utilità – come evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 68 del 2019 – denuncia la manifesta irragionevolezza della possibilità di applicazione della confisca nel caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per effetto dell’esito positivo della messa alla prova di cui all’art. 168-bis cod. pen.

In proposito, deve rilevarsi che, al momento dell’introduzione dell’art. 224-ter cod. strada, avvenuta contestualmente all’aggiunta dell’art. 186, comma 9-bis, del medesimo codice, l’ordinamento non prevedeva ancora l’istituto della messa alla prova per gli imputati adulti, quale autonoma causa di estinzione del reato.

In occasione di tale riforma, il legislatore, mediante il comma 6 dell’art. 224-ter cod. strada, ha disciplinato gli effetti che le varie ipotesi di estinzione del reato producono in ordine alle sanzioni amministrative accessorie, prevedendo che, mentre l’estinzione «per morte dell’imputato» comporta il venir meno delle sanzioni accessorie già in essere, l’estinzione del reato «per altra causa» investe il prefetto della verifica di sussistenza delle relative condizioni di applicazione.

Nel contempo, tuttavia, mediante l’aggiunta del comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, il legislatore ha introdotto una specifica, e nuova, ipotesi di estinzione del reato, appunto quella del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, anch’essa incidente sulle sanzioni amministrative accessorie, giacché ne deriva la revoca della confisca del veicolo, oltre alla diminuzione della sospensione della patente di guida.

In tal modo, il legislatore ha delineato un peculiare “microsistema”, all’interno del quale l’estinzione del reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in ragione della sua evidente natura “premiale”, esclude la confisca del veicolo, in deroga alla disciplina delle altre ipotesi di estinzione del reato (diverse dalla morte dell’imputato), che, non condividendo quella natura “premiale”, contemplano l’eventualità della confisca prefettizia (si pensi, innanzitutto, alla prescrizione del reato).

L’interna coerenza di questo “microsistema” è stata alterata dalla sopravvenuta disciplina della messa alla prova, con effetti distorsivi sull’attuale portata applicativa dell’art. 224-ter, comma 6, cod. strada.

Infatti, la possibilità che, pur in caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per esito positivo della messa alla prova, il prefetto disponga, ricorrendone le condizioni, la confisca del veicolo (della cui disponibilità, peraltro, l’imputato è stato privato sin dal momento del sequestro) – laddove lo stesso codice della strada prevede, per il caso in cui il processo si sia concluso con l’emissione di una sentenza di condanna e con l’applicazione della pena sostitutiva, non solo l’estinzione del medesimo reato di guida in stato di ebbrezza, ma anche la revoca della confisca del veicolo per effetto del solo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità – risulta manifestamente irragionevole, ove rapportata alla natura, alla finalità e alla disciplina dell’istituto della messa alla prova, come delineate anche dalla giurisprudenza di questa Corte, prima richiamata.

La disciplina degli istituti incentivanti nel trattamento sanzionatorio dei reati stradali non aggravati ha un evidente carattere speciale, come dimostra proprio la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità per la guida in stato di ebbrezza non aggravata da incidente a funzione “premiale”.

Attesa la sua portata generale, la sopravvenuta disposizione dell’art. 168-ter cod. pen., secondo la quale l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, non interferisce con la menzionata disciplina speciale, in quanto, mancando elementi indicativi di una contraria volontà del legislatore, opera il criterio lex generalis posterior non derogat priori speciali.

Il dispositivo

Per quanto sopra detto, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada è manifestamente irragionevole.

Deve essere quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., dell’art. 224-ter, comma 6, cod. strada, nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.

CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N. 75/2020 >> SCARICA IL TESTO IN PDF

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