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Nel caso di specie il MIBACT (ora Ministero della cultura) si era opposto alla realizzazione di due impianti fotovoltaici nel Lazio che avevano già ricevuto le autorizzazioni da varie amministrazioni nell’ambito di una conferenza di servizi, in quanto riteneva le opere incompatibili dal punto di vista paesaggistico e agricolo e, al contempo, con le evidenze archeologiche della zona.
L’opposizione era stata esercitata in forza dell’art. 14-quinquies, L. 241/1990 a norma del quale le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri contro la decisione della conferenza.

In proposito C. Stato 28/03/2022, n. 2242 ha spiegato che deve ritenersi illegittimo l’esercizio del potere del MIBACT di opporsi a iniziative private (espressione del diritto, costituzionalmente presidiato, di libera iniziativa economica, oltretutto in un settore oggetto di favor normativo, come nel caso di impianti fotovoltaici) quando queste:
– non insistono direttamente su aree di cui l’Amministrazione abbia positivamente dimostrato la sottoposizione a vincolo paesaggistico, archeologico, idraulico o boschivo, né la pendenza di un procedimento teso alla prospettica apposizione di un vincolo siffatto;
– non risultano ledere concretamente beni paesaggistici contermini;
– non interferiscono con emergenze archeologiche positivamente accertate e poste ad una distanza dall’impianto giuridicamente rilevante.

I giudici hanno chiarito che il MIBACT, quale amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali (cfr. art. 14-quinquies, L. 241/1990), può legittimamente svolgere l’opposizione avanti il Consiglio dei Ministri soltanto allorché decisioni di altre Amministrazioni siano ritenute direttamente lesive di beni già dichiarati, nelle forme di legge, di interesse ambientale, paesaggistico o culturale e, per tale ragione, sottoposti a forme, più o meno incisive, di protezione (ovvero, altrimenti detto, ad un regime giuridico speciale), con contestuale riduzione (che può spingersi sino alla radicale nullificazione) delle facoltà di iniziativa privata.

In conclusione, nel caso di specie:
– non erano stati concretamente riscontrati, da parte delle competenti strutture amministrative, effettivi impatti né in termini di visibilità, né in punto di prospettica fertilità dei suoli;
– il MIBACT non aveva indicato alternative meno impattanti sull’interesse del privato, ma comunque idonee a preservare gli allegati interessi pubblici (ciò cui, viceversa, era certo tenuto, se non altro in base al generale principio di proporzionalità dell’azione amministrativa);
– le altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento avevano preso una motivata e circostanziata posizione favorevole all’intervento, anche in punto di tutela paesaggistica ed ambientale.
Inoltre il contrasto con i valori paesaggistici non poteva neanche ricavarsi dal PTPR (Piano territoriale paesaggistico regionale) in quanto lo stesso, nelle aree non vincolate non ha, di per sé, valore di autonoma apposizione di vincolo, ma di mero (e generale) indirizzo pianificatorio per gli Enti pubblici.

Per tali ragioni il Consiglio ha confermato l’annullamento della delibera del Consiglio dei Ministri adottata sulla base del parere negativo del MIBACT, perché viziata da illegittimità derivata dall’atto di opposizione del Ministero.

 

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