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Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 145 del 4/1/2023

MUTUO – USURA – INTERESSI MORATORI

 

Breve sintesi della decisione:

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 145 del 4 gennaio 2023, ha statuito che all’accertamento dell’usurarietà degli interessi moratori consegue l’applicazione dell’art. 1815 c.c. [1], comma 2 (“Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”), di modo che gli interessi moratori non sono dovuti alla banca nella misura usuraria pattuita in contratto, bensì in quella degli interessi corrispettivi legittimamente convenuti.

Il mutuatario che sia consumatore ha però diritto, per quanto lo riguardi, di domandare la nullità della clausola relativa agli interessi moratori, in quanto vessatoria, nulla dovendo in tal caso a titolo di interessi moratori.

In quanto consumatore sarà in particolare applicabile allo stesso la tutela prevista dal D.Lgs. n. 206 del 2005 (Codice del Consumo), art. 33 [2] (Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore), comma 2 (vessatorietà fino a prova contraria), lett. f) e art. 36 [3] (Nullità di protezione), comma 1 (nullità parziale delle clausole considerate vessatorie), essendo rimessa allo stesso la scelta di far valere l’uno o l’altro rimedio.

Il mutuatario, consumatore o meno, ha in ogni caso diritto all’azione anche in regolarità di rapporto, ossia anche senza che abbia debito attuale a titolo di interessi moratori, al fine di ottenere la pronunzia di nullità in suo vantaggio, ad uso futuro.

 

Fattispecie in questione:

Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione come in premessa, un mutuatario persona fisica ha domandato al Tribunale di Taranto di dichiarare la nullità delle clausole del contratto di mutuo che aveva stipulato con banca per l’acquisto della prima casa, riguardanti gli interessi corrispettivi e quelli moratori, sostenendo che il cumulo delle due tipologie di interessi fosse superiore al tasso soglia, e per questo domandando la condanna della banca alla restituzione della somma pagata a titolo di interessi corrispettivi sino al momento dell’instaurazione del giudizio, oltre agli ulteriori interessi da versare. Il Tribunale respinse la domanda, così come la Corte d’appello adita dal medesimo mutuatario. La Cassazione ha deciso come in premessa, concludendo come nella massima di seguito estratta.

 

MASSIMA ESTRATTA:

“Le sezioni unite di questa Corte hanno stabilito (con sentenza n. 19597/20) che la disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui alla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 1, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali. Per conseguenza, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dall’art. 2, comma 4 sopra citato; qualora i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti.

Dall’accertamento dell’usurarietà discende dunque l’applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2, di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell’art. 1224 c.c., comma 1; nei contratti conclusi con i consumatori è altresì applicabile la tutela prevista dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33 [Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore], comma 2 [vessatorietà fino a prova contraria], lett. f) e art. 36 [Nullità di protezione], comma 1 [nullità parziale delle clausole considerate vessatorie], (codice del consumo), essendo rimessa all’interessato la scelta di far valere l’uno o l’altro rimedio.

Sebbene, inoltre, nel caso in esame il rapporto sia in corso e non si sia prodotta mora, comunque sussiste l’interesse ad agire per sentire accertare la nullità della clausola relativa alla pattuizione degli interessi moratori.

Le sezioni unite di questa Corte (con la sentenza sopra indicata) hanno difatti chiarito che l’interesse ad agire in relazione ad una clausola reputata in tesi nulla o inefficace sussiste sin dalla pattuizione di essa, perché risponde a un bisogno di certezza del diritto che le convenzioni negoziali siano accertate come valide ed efficaci, oppure no (a differenza del caso in cui l’azione sia stata proposta in esito all’integrale adempimento del contratto, e dunque al cospetto della definitiva mancanza di mora, ipotesi in cui va esclusa la sussistenza dell’interesse ad agire: Cass. n. 1818/21).

Qualora, tuttavia, l’inadempimento non sia attuale, il giudicato di accertamento dell’usurarietà del tasso comporterà l’esclusione che l’interesse pattuito sia dovuto; di modo che se il finanziato agisce in accertamento in corso di regolare rapporto, e ottiene sentenza di nullità della clausola, egli è comunque tenuto ad adempiere con l’applicazione degli interessi corrispettivi.

Se e quando si determina l’inadempimento, è destinato a rilevare soltanto il tasso che di fatto sia stato richiesto ed applicato al debitore; e la sentenza di accertamento della nullità del tasso usurario già ottenuta sarà applicabile se quel tasso sia effettivamente utilizzato dal finanziatore”.

 

[1] Art. 1815 (Interessi) c.c.: “[I] Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’articolo 1284. [II] Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

[2] Art. 33 (Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore), Codice del Consumo: “1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. 2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di: a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo; d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà; e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere; f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo; g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto; h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa; i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione; l) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto; m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso; n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione; o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto; p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto; q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità; r) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore; s) consentire al professionista di sostituire a sè un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo; t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi; u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore; v) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell’articolo 1355 del codice civile. v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR; v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V. 3. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga alle lettere h) e m) del comma 2: a) recedere, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore; b) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto. 4. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga alle lettere n) e o) del comma 2, il tasso di interesse o l’importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto. 5. Le lettere h), m), n) e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera. 6. Le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte”.

[3] Art. 36 (Nullità di protezione), Codice del Consumo: “1. Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto. 2. Sono nulle le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di: a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; c) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto. 3. La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. 4. Il venditore ha diritto di regresso nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria di nullità delle clausole dichiarate abusive. 5. È nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente titolo , laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell’Unione europea”.

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