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La controversia presa in esame affronta il tema del riconoscimento della qualità di contitolari del debito restitutorio originato da un accordo di accollo di un contratto di mutuo da parte dei debitori-accollanti, e dei conseguenti diritti e doveri che gravano su di essi.

In particolare, tale tema si inserisce nell’ambito della doglianza avanzata dagli attuali Ricorrenti, che hanno lamentato, nei confronti della Banca odierna resistente, l’illegittimo addebito di interessi in relazione all’acquisto di un immobile con accollo del mutuo del precedente proprietario.

Più nello specifico, i Ricorrenti hanno precisato di aver acquistato, in data 7 ottobre 2014, un immobile con accollo del mutuo del precedente proprietario, senza alcun intervento della Banca odierna resistente.

All’esito della conclusione del contratto, la Banca, come da atto notarile e piano di ammortamento allegato, quantificava il debito residuo in euro 162.396,00.

I Ricorrenti, che hanno specificato di aver sempre onorato il debito contratto, pagando con “estrema puntualità” tutte le rate trimestrali, in data 1° giugno 2023, hanno lamentato l’illegittimo addebito, da parte della Banca, degli interessi maturati nel periodo di sospensione del pagamento del mutuo che va dal 01/07/2013 al 01/04/2014.

Il Collegio, nell’accogliere la doglianza dei Ricorrenti, ha ribadito i seguenti punti fermi in materia di accollo.

Secondo la prospettazione della Banca, l’accordo di accollo contenuto nel contratto di compravendita stipulato nel 2014 dai Ricorrenti con il venditore-accollato rivestiva la natura di c.d. “accollo interno”, che consiste in un contratto atipico distinto dall’accollo esterno, delineato dall’art. 1273 c.c.

L’Arbitro, contrariamente a quanto sostenuto dalla Banca, ha invece ritenuto che l’accordo di accollo contenuto nell’art. 4 del contratto di compravendita del 2014 integrasse un accollo c.d. esterno ex art. 1273 c.c., e non un accollo interno, in quanto i ricorrenti accollanti si sono impegnati a prestare direttamente nei confronti della banca.

Il c.d. accollo interno è un contratto atipico con il quale un terzo si impegna con il debitore ad assumersi il peso economico dell’adempimento dell’obbligazione di quest’ultimo, fornendogli le risorse per prestare. Un accordo di tal fatta, ha ribadito l’Arbitro, produce effetti soltanto tra le parti e nessuno diritto attribuisce al creditore.

L’accollo è esterno quando l’accordo fra accollante e accollato si presenta come un contratto a favore del terzo, in forza del quale le parti intendono attribuire al creditore accollatario il diritto di pretendere l’adempimento del proprio credito direttamente dall’accollante.

Ciò premesso, l’accollo può essere esterno o interno, e quello esterno può essere cumulativo o liberatorio. In ogni caso, anche quando l’accollo assuma rilevanza esterna o si configuri come liberatorio, è da escludere che il creditore sia parte dell’accollo.

Ancor prima e a prescindere dall’adesione del creditore, pertanto, l’accollo determina l’assunzione del debito e la modificazione del rapporto obbligatorio che, da semplice, si trasforma in soggettivamente complesso, in quanto l’accollante diviene obbligato in solido con il debitore originario (accollo cumulativo).

Alla luce delle suindicate considerazioni, pertanto, nella controversia de quo, l’adesione della banca non può essere in alcun modo considerata come elemento costitutivo dell’accordo di accollo.

Dopo aver inquadrato correttamente la fattispecie, secondo l’Arbitro, dal momento che l’accollo cumulativo è stato concluso in data 7 ottobre 2014, senza l’intervento della banca, quest’ultima era tenuta a riconoscere i ricorrenti come contitolari del debito nascente dal mutuo insieme al debitore originario.

In altri termini, a detta dell’Arbitro, così come la Banca era libera di aderire o meno all’accollo e di liberare o meno il debitore originario-accollato, allo stesso modo i ricorrenti erano liberi di compiere tutti gli atti, per loro vantaggiosi, dall’avvenuta assunzione del debito, come ottenere le detrazioni fiscali sugli interessi pagati o realizzare la surrogazione per volontà del debitore etc.

Essendo la Banca obbligata ex artt. 1315 e 1375 c.c. a riconoscere la qualità di contitolari del debito restitutorio sulla base del piano di ammortamento contenuto nel contratto di mutuo, l’omissione di tale riconoscimento costituisce, secondo il Collegio, un inadempimento dell’obbligo di cooperazione.

Allo stesso modo, l’Arbitro ha accertato la responsabilità della Banca per l’omissione di un’informazione adeguata, dal momento che la medesima, in data 1° giugno 2023, ha subordinato il riconoscimento dei Ricorrenti come contitolari del debito del venditore-accollato alla sottoscrizione da parte di questi ultimi di una dichiarazione in cui non si dava atto della già avvenuta rimodulazione del piano di ammortamento successiva alla sospensione del pagamento delle rate intervenuta tra l’intermediario e il debitore originario nel periodo che va dal 01/07/2013 al 01/04/2014. Rimodulazione alla quale i ricorrenti dovevano e devono attenersi in conseguenza dell’avvenuto subentro nella posizione debitoria dell’accollato alle medesime condizioni cui questi è obbligato.

Venendo alla questione degli interessi illegittimi, secondo l’Arbitro, dal momento che il debitore originario ha assunto e pagato le rate mensili riferite al periodo di sospensione e la banca non ha richiesto in un’unica soluzione l’intera somma degli interessi maturati durante il periodo suindicato, i Ricorrenti hanno correttamente continuato a pagare le rate a scadere, successive all’assunzione del debito, secondo il piano di ammortamento rimodulato.

Alla luce delle suindicate considerazioni, pertanto, il Collegio ha deciso che nessun pagamento di interessi è dovuto dagli attuali Ricorrenti, riconosciuti come contitolari del debito restitutorio sulla base del piano fi ammortamento contenuto nel contratto di mutuo.

 

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