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Erano pronte a riprovarci, erano pronte ad andare avanti: perché in vita loro hanno solo lucrato sulla pelle dei migranti. «Negli anni non hanno fatto nient’altro rispetto alla attività criminale», scrive il giudice preliminare Giuseppe Molfese. Così Marie Therese Mukamitsindo e Liliane Murekatete, rispettivamente suocera e moglie di Aboubakar Soumahoro – il «deputato con gli stivali», per anni icona della sinistra e dei salotti tv – vengono arrestate ieri mattina dalla Guardia di finanza, colpite dall’ordinanza di custodia che le accusa di frode, riciclaggio e bancarotta.

È l’atto finale dell’inchiesta che ruota intorno alla cooperativa Karibu, l’indagine che ha investito Soumahoro e che ha portato alla sua espulsione dal gruppo parlamentare Alleanza Verdi e Sinistra, che l’aveva candidato e fatto eleggere l’anno scorso. Il nome di Soumahoro non compare mai, neanche in una riga, nelle 152 pagine dell’ordinanza di custodia. Che però ruota tutta intorno alla figura di sua moglie, la donna che il deputato ha difeso strenuamente fin dall’inizio dell’indagine, appoggiando la linea difensiva che dipingeva Liliane come una semplice segretaria dell’Ong guidata da sua madre Marie Therese, sulla quale i due coniugi hanno cercato di riversare tutte le colpe.

Invece, scrive il giudice, lady Soumahoro era a tutti gli effetti la mente di Karibu: «Murekatete si e affiancata e ha sostituti la madre nei principali atti gestionali», si legge nelle carte. É lei a guidare gli affari della Ong, che anno dopo anno conquista milioni di appalti pubblici stanziati per l’accoglienza dei migranti: venticinque milioni di euro, tra il 2017 e il 2022. Una montagna di soldi usate da madre e figlia come se fossero cosa loro, tra ristoranti di lusso, alcolici, alberghi a cinque stelle. Mezzo milione di euro viene dirottato all’estero, in Africa (il giudice parla di «bonifici esteri con causali risibili»), e utilizzato da un altro figlio della Mukamitsindo, Richard Mutangana, per aprire un ristorante: «Gusto italiano». Per madre e figlia la procura della Repubblica di Latina aveva chiesto il carcere, di fronte al rischio concreto che continuassero nella loro attività.

Il giudice decide che gli arresti domiciliari sono sufficienti, senza sminuire in nulla la gravità delle accuse alle due donne, e colpendole entrambe con massicci decreti di sequestro: due milioni alla madre, un milione a carico di Murekatete. Sono provvedimenti inevitabili visto che «il dato oggettivo e contabile è che buona parte del denaro ricevuto non è stato adoperato per le finalità preposte». Siamo di fronte, scrive il giudice, a una «struttura delinquenziale organizzata a livello familiare», che anche dopo l’inizio degli accertamenti ha proseguito sulla stessa strada, utilizzando «collaudati sistemi fraudolenti per giustificare la richiesta di finanziamenti alla direzione centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati». E ancora: «le rassicurazioni e gli impegni del management di Karibu erano solo stratagemmi per lasciar credere che vi fosse la volontà di adempiere alle convenzioni».

Ad emergere dalle carte è anche la carenza quasi totale di controlli, che ha permesso per almeno tre anni –

tra il 2017 e 2019 – a incassare dalla Karibu finanziamenti pubblici da milioni di euro. Dal 2020 il giocattolo si guasta, gli importi iniziano a scendere bruscamente. Ma ormai il malloppo è al sicuro, riciclato in Africa.

 

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