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Non è mica da questi particolari che si giudica lo stato di salute di un Paese, ma compulsando le oltre 240 pagine del Rapporto annuale dell’Istat salta subito all’occhio che fra il 2019 e il 2023 è l’Italia ad aver segnato la crescita più sostenuta tra le quattro maggiori dell’Unione europea. Un colpo di reni che già tra ottobre e dicembre del 2021 ha permesso di recuperare il livello del Pil di fine 2019. Le cifre raccontano che, a confronto con l’ultimo trimestre del 2019, a fine ’23 il livello del Pil era superiore del 4,2% in Italia, del 2,9 in Spagna, dell’1,9 in Francia e solo dello 0,1 per cento in Germania. La ripresa ha consentito, peraltro, di riportare le lancette della ricchezza nazionale al periodo precedente il crac di Lehman Brothers, pur in un contesto geopolitico perturbato che ha finito per accentuare sia le fragilità coniche italiane (bassa produttività e calo demografico su tutte), sia la tendenza a un diffuso impoverimento su cui ha agito anche la perdita del potere d’acquisto dovuta all’alta inflazione e ai rialzi dei tassi da parte della Bce.

Se l’istituto presieduto da Gian Carlo Blangiardo accredita l’Italia di una crescita già acquisita per quest’anno dello 0,3% rispetto allo 0,2% di Francia e Germania, la Commissione Ue ha rivisto al rialzo l’aumento del Pil 2023, un +0,9% (+0,5% nelle previsioni di febbraio) che verrà bissato nel ’24, mentre l’outlook 2025 ha subìto una lieve correzione al ribasso (da +1,2 a +1,1%) pur mantenendo un ritmo superiore a quello tedesco (+1%). Per Bruxelles le dolenti note riguardano soprattutto il rapporto debito-Pil, destinato l’anno prossimo a salire al 141,7% per effetto dei maggiori oneri per interessi e per l’impatto ritardato sui conti del Superbonus. Valutazioni che trovano d’accordo Giancarlo Giorgetti, che proprio ieri ha ricevuto da Bankitalia la notizia che in marzo il debito è aumentato di 23 miliardi di euro rispetto al mese precedente, toccando così i 2.894,7 miliardi. «Sul debito, purtroppo – ammette il ministro dell’Economia e delle Finanze – , gravano gli effetti negativi del Superbonus. D’altra parte i dati europei sul rapporto debito-Pil non incorporano gli effetti dei recentissimi provvedimenti che avranno effetti positivi sui conti». La commissione presieduta da Ursula von der Leyen riconosce comunque che le azioni messe in campo dal governo Meloni alleggeriranno il disavanzo, visto in calo al 4,4% del Pil quest’anno.

Altri sforzi saranno necessari per sanare quella che l’Istat definisce «stagnazione della produttività del lavoro», in parte legata dalla repressione degli investimenti. Una palude responsabile per anni della crescita «zerovirgola».

E seppur lo scorso anno il tasso di occupati tra i 15 e i 64 anni sia stato del 61,5% (+2,4% sul 2019), molto resta da fare per potenziare il mercato del lavoro e adeguare i salari in modo incidere sulla piaga della povertà, con l’8,5% delle famiglie in uno stato di indigenza assoluta. Tra il 2020 e il 2022, rileva l’istituto statistica, il reddito di cittadinanza aveva permesso a più di 400mila famiglie di uscire dalla povertà.

 

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