La Corte Costituzionale, intervenuta sul delicato tema riguardante la legittimità costituzionale dell’art. 545 c.p.c., nella parte in cui non prevede l’assoluta impignorabilità della retribuzione, necessaria a garantire al lavoratore i mezzi necessari alle sue esigenze, ha dichiarato infondata la questione. (sent. 5 aprile 2016 n°70).
La facoltà di escutere il debitore(lavoratore) non può essere sacrificata totalmente, nonostante la privazione di una parte del salario, possa risultare difficile da sopportare per coloro i quali percepiscono una bassa retribuzione. Tuttavia la Corte ha affidato al potere insindacabile del legislatore, il bilanciamento dei due interessi contrapposti e cioè la garanzia del credito e la protezione del lavoratore(debitore), affinchè gli venga garantita una esistenza dignitosa attraverso una giusta retribuzione.
Orbene, il d.l. n°83/2015 ha individuato le soglie di impignorabilità della pensione e delle pensioni e stipendi accredidati sul conto corrente. La soglia di impignorabilità è stata fissata sulla base dell’assegno sociale, ossia quella parte della pensione necessaria per assicurare al soggetto i mezzi adeguati alle esigenze di vita. Il nuovo art. 545 c.p.c. prevede infatti che “Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”. ESEMPIO: Se una persona percepisce una pensione di 1000 euro al mese, il limite impignorabile sarà pari a 672,78 euro(pari all’assegno sociale di 448,52 euro aumentato della metà). A poter essere pignorata sarà solo la somma eccedente, cioè 327,22 euro, non per l’intero, ma nei limiti del quinto, cioè 65,44 euro.
Per quanto riguarda pensioni e stipendi accreditati sul conto corrente bancario o postale del debitore invece, il d.l. n° 83/2015 ha posto due distinzioni:
– se le somme sono state accreditate in data anteriore al pignoramento, possono essere pignorate per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. ESEMPIO: se la pensione accreditata è di 1600 euro, l’importo non pignorabile sarà di 1345,66 euro (448,52 x 3) e quindi la base pignorabile sarà pari a 254,34 euro (interamente pignorabile).
– se invece l’accredito è avvenuto alla stessa data del pignoramento o successivamente, le somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma dell’art. 545 c.p.c. ESEMPIO:: se la pensione accreditata è di 1600 euro, l’importo non pignorabile sarà pari a 672,78 euro (assegno sociale aumentato della metà) e la base pignorabile sarà pari a 927,22 euro ( nei limiti del quinto, cioè 185,44 euro).
La novella del d.l. n° 83/2015 ha previsto dunque, l’inefficacia parziale del pignoramento, rilevabile dal giudice, anche d’ufficio, laddove si pignorino, in violazione dei limiti sanciti, le somme impignorabili.
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