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Un altro aspetto che affronta il correttivo è costituito dalla possibilità dell’omologazione forzosa della transazione fiscale nel concordato in continuità aziendale.

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Giudizio di omologazione nel concordato preventivo e cram down

Il giudizio di omologazione nel concordato preventivo è disciplinato dall’art. 112 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). Mentre nel concordato in continuità qualsiasi creditore dissenziente può eccepire il difetto di convenienza, nel concordato liquidatorio serve che vi sia un creditore dissenziente appartenente a una classe dissenziente, ovvero in assenza di classi che vi sia il dissenso di un numero di creditori che rappresenti almeno il 20 % dei crediti ammessi al voto. Se questi soggetti contestano la convenienza il Tribunale apre il “cram down”.

Il “cram down” è un termine anglosassone che si riferisce alla cosiddetta omologazione forzosa della procedura di concordato preventivo da parte del tribunale qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto al valore di liquidazione giudiziale.

Anche in caso di opposizione o di inerzia da parte dell’erario o degli enti previdenziali, il giudice fallimentare può omologare il concordato preventivo e/o l’accordo di ristrutturazione anche in mancanza di voto e/o di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria, purché sussista un’attestata convenienza della proposta transattiva stessa rispetto al fallimento.

Ne consegue che, con il cosiddetto “cram down fiscale”, il tribunalepuòomologare forzosamente la transazione fiscale e contributiva anche in caso di voto contrario espresso nella procedura di concordato preventivo.

Quali sono i prerequisiti processuali del cram down

I prerequisiti processuali per poter attivare il “cram down” nel concordato in continuità e nel concordato liquidatorio sono diversi: nel concordato in continuità basta l’opposizione di un creditore dissenziente, di chiunque; diversamente nel concordato liquidatorio serve che sia un creditore dissenziente appartenente a una classe dissenziente, oppure, se non vi sono classi, il 20% dei crediti ammessi al voto.

Nel concordato in continuità dove non c’è un minimo di soddisfo garantito, come nel concordato liquidatorio (che è al 20 % dei creditori chirografari), e dove la possibilità di venire ammessi risulta più fluida, in fase di omologazione è sufficiente una opposizione di un creditore dissenziente che eccepisca la convenienza della proposta concordataria per attivare il “cram down”.

Con il “cram down” il tribunale, pertanto, omologa ugualmente il concordato quando, secondo la proposta e il piano, il credito possa risultare soddisfatto in misura non inferiore al valore di liquidazione giudiziale o a quanto si sarebbe ricevuto nel caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della domanda di accesso a concordato.

Mancato raggiungimento dell’unanimità delle classi nel concordato in continuità

Il cosiddetto “cross class cram down” è disciplinato dall’art. 112, comma 2, CCII, e riguarda l’omologazione del concordato in continuità aziendale nell’ipotesi di mancato raggiungimento dell’unanimità delle classi.

Secondo tale disposizione normativa, il “cross class cram down”, richiede in primis il rispetto, nella proposta formulata ai creditori, della regola di priorità relativa (RPR – “Relative priority rule”), come disciplinata dall’art. 84, comma 6 e comma 7:

a) il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione;

b) il valore eccedente quello di liquidazione (cioè i flussi di liquidità derivanti dal going concern, il cosiddetto plusvalore di continuità) è distribuito in modo tale che i creditori inclusi nelle classi dissenzienti ricevano un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore (fermo il trattamento riservato ai lavoratori dipendenti, ex art. 84, comma 7, CCII).

Inoltre, nel “cross class cram down”, devono ricorrere congiuntamente le seguenti condizioni:

c) nessun creditore può ricevere più dell’importo del proprio credito;

d) la proposta deve essere approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi, la proposta deve essere approvata da almeno una classe di creditori:

1) ai quali è offerto un importo non integrale del credito;

2) che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte qualora si applicasse l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

Quali sono le regole della transazione fiscale nel concordato

L’ultimo decreto correttivo sulla crisi di impresa sostituisce l’art. 88 del CCII (il D.Lgs. n. 14/2019), articolo che si occupa del trattamento dei crediti tributari e contributivi nelle procedure di concordato preventivo.

La transazione fiscale, nelle procedure di concordato preventivo, consente al contribuente di proporre un pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali nonché dei contributi previdenziali, proposta che dovrà essere corredata da un’attestazione di un professionista indipendente che, nel concordato liquidatorio, dovrà certificare la convenienza del trattamento proposto rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, l’esistenza di un trattamento non deteriore dei medesimi crediti rispetto alla liquidazione giudiziale.

Per poter calcolare tale convenienza è necessario valutare l’attivo ritraibile in liquidazione giudiziale: quindi, non solo le azioni di responsabilità recuperatorie e risarcitorie, ma anche la stima del complesso aziendale. Quando si verifica una opposizione proposta da parte di un creditore dissenziente la stima che il Tribunale può fare viene aperta solo se con l’opposizione dell’art. 112, comma 3, CCII, si eccepisce la convenienza della proposta o il mancato rispetto delle condizioni di ristrutturazione trasversale dell’art. 112, comma 2, CCII.

Il nuovo articolo 88 del CCII distingue, in due commi separati, l’omologazione forzosa della transazione fiscale nel concordato liquidatorio (art. 88, comma 3) da quella relativa al concordato in continuità aziendale. Ne consegue che, con la modifica normativa in esame, si risolve definitivamente il dubbio sull’applicabilità dell’omologazione forzosa della transazione fiscale anche al concordato preventivo con continuità aziendale.
La nuova formulazione normativa dell’art. 88 del CCII, al comma 4, applicabile al concordato in continuità aziendale, va studiata unitamente al “cross class cram down”, di cui all’art. 112, comma 2, CCII.

Più precisamente, il tribunale omologa il concordato anche in mancanza di adesione, che comprende il voto contrario, da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali (o creditori pubblici), se la proposta di soddisfacimento dei predetti creditori pubblici risulta non deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e se tale adesione:

– è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza delle classi prevista dal primo periodo dell’articolo 112, comma 2, lett. d);

– oppure, se la stessa maggioranza è raggiunta, anche senza il creditore pubblico.

In ogni caso, ai fini della condizione prevista dall’articolo 112, comma 2, lettera d), seconda parte, ovverosia nell’ipotesi di ristrutturazione trasversale nella quale i creditori pubblici rientrano in una delle classi di creditori svantaggiati, l’adesione dei creditori pubblici deve essere espressa.

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