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Revocati gli arresti domiciliari per Pasquale Mungiguerra e Vincenzo Fusco, cognati entrambi di 67 anni, coinvolti nell’inchiesta della guardia di finanza sul sistema di società clone per non pagare i creditori elusi con il fallimento dell’azienda, operante nel settore dei supermercati, con sede ad Aversa. Lo ha deciso la dodicesima sezione del tribunale del Riesame che ha accolto l’istanza dei difensori degli indagati, gli avvocati Massimo D’Errico e Maurizio Abbate, e disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella meno afflittiva dell’obbligo di firma. 

La difesa ha sostenuto la mancanza di tutta la documentazione, riservandosi la nomina di due consulenti per la ricostruzione della situazione patrimoniale. Per la difesa, inoltre, anche i reati contestati dalla Procura di Napoli Nord andrebbero riqualificati. I due imprenditori – che in un primo momento si erano avvalsi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio – nei giorni scorsi avrebbero fatto richiesta di essere sentiti dal magistrato e fornire a lui tutti i chiarimenti sulla vicenda. Revocata l’ordinanza cautelare anche nei confronti di altri due indagati – P.M. e G.P. – che erano stati colpiti dalla misura del divieto di dimora. Entrambi sono completamente liberi.

Nei prossimi giorni, invece, davanti ai giudici della IV sezione penale del tribunale misure di prevenzione di Santa Maria Capua Vetere ci sarà il riesame reale, cioè il ricorso sui beni finiti sotto sequestro. 

Secondo quanto emerso dalle indagini, i due imprenditori avrebbero provocato la bancarotta di un piccolo supermercato, con il capitale sociale che sarebbe stato dirottato su società clone intestate a prestanome. Ma la sede della società fallita e quella delle ‘clone’ scoperte (una è stata poi dichiarata fallita nel 2019) sarebbero coincise, così come l’elenco dei dipendenti. Per l’accusa i due imprenditori avrebbero  distratto l’intero asset aziendale, passato dalla fallita alle ‘società clone’. In questo modo non avrebbero versato circa 654mila euro nei confronti dei creditori. Oltre alla bancarotta fraudolenta la Procura contesta anche l’autoriciclaggio. 

 

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