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Venerdì 7 giugno si è tenuta la quinta puntata del webinar “L’Ora Legale”, condotta dall’avvocato Carmelo Giurdanella e dal dottor Santo Fabiano, dedicata al D.L. “Salva casa”.

Il decreto legge, definitivamente approvato dal Consiglio dei Ministri, è entrato in vigore il 30 maggio 2024 e dovrà essere convertito entro il 28 luglio 2024; tra le date che vale la pena di tenere a mente c’è anche quella del 24 maggio 2024, termine ultimo di riferimento per l’applicazione dell’art. 34 sulle nuove tolleranze.

Il Decreto si appresta ad essere convertito in legge entro i consueti 60 giorni, durante i quali il Parlamento potrebbe apportare modifiche di non poco momento.

Perché parlare del D.L. 69/2024?

Il decreto legge interviene sul Testo Unico Edilizia (d.P.R. 380/2001), il quale da più di vent’anni subisce modifiche chirurgiche e mirate ad adattare la disciplina alle mutevoli esigenze del patrimonio immobiliare, del settore dell’edilizia e, soprattutto, dei bisogni dei cittadini.

Il decreto, a differenza degli interventi legislativi precedenti, introduce un cambio di paradigma che riguardano istituti come la sanatoria, il concetto di tolleranza degli abusi e quello di stato legittimo dell’immobile (abbiamo parlato di stato legittimo qui).

Si può parlare di un nuovo condono?

Entrambi gli ospiti della puntata, l’Ingegnere Gianluca Oreto e il Segretario comunale Vito Bonanno, hanno dato risposta negativa a questa domanda.

L’Ing. Oreto ha chiarito che il condono rappresenta una procedura eccezionale che ha consentito in tre diverse finestre temporali (in particolare, nel 1985, nel 1994 e nel 2003) la sanatoria di abusi sostanziali.

Il dottor Bonanno ha, invece, sottolineato l’importanza di distinguere la costruzione illecita di immobili in patente contrasto con gli strumenti urbanistici (su cui il decreto legge non introduce nessuna misura di condono) dalla costruzione che sia realizzata in difformità rispetto al titolo abilitativo.

Rispetto a questa seconda ipotesi, il decreto legge introduce una diversificazione delle difformità, distinguendo quelle essenziali da quelle parziali, con conseguenze sanzionatorie commisurate alla gravità del discostamento dal titolo abilitativo.

Le novità

Il decreto legge estende l’ambito dell’edilizia libera, inserendovi tutti quegli interventi minimali per cui sarebbe superfluo l’intervento autorizzatorio dell’Amministrazione.

Un’altra novità degna di nota è la previsione di nuove soglie di tolleranza per le difformità dal titolo abilitativo che si mantengono entro certe percentuali, le quali mutano a seconda del volume di superficie utile (vd. art. 34 bis, comma 1 bis, d.P.R. 380/2001).

Tuttavia, questa norma potrebbe essere destinata ad avere problemi applicativi, poiché – essendo l’edilizia una delle materie per cui sussiste competenza concorrente tra Stato e Regioni – ogni Regione prevede autonomamente soglie di tolleranza diverse tra loro, portando, dunque, a un’applicazione a macchia di leopardo della disciplina.

Dunque, a seconda del territorio regionale di riferimento, una difformità potrà alternativamente rientrare nell’ambito della tolleranza legislativamente prevista ovvero integrare gli estremi di una difformità essenziale con tutte le (gravi) conseguenze del caso.

L’aspetto forse più interessante della novella legislativa riguarda la disciplina della sanatoria per difformità parziali, contrapposte a quelle essenziali.

Nell’ultimo caso, l’art. 36 TU Edilizia rimane invariato, continuando a prevedere l’accertamento di doppia conformità secondo il quale, perché il responsabile dell’abuso ottenga il permesso in sanatoria, è necessario che la costruzione sia conforme alla disciplina vigente al momento della realizzazione dell’opera e a quella in vigore al momento della presentazione della domanda.

A fianco alla sanatoria (con doppia conformità) delle difformità essenziali, il D.L. 69/2024 ha collocato il nuovo art 36 bis, rubricato “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità”.

A differenza del regime di sanatoria previsto per le difformità essenziali, l’art. 36 bis non ripropone l’accertamento di doppia conformità, limitandosi a richiedere che la costruzione sia coerente con la disciplina urbanistica del tempo di presentazione della domanda, e che rispetti i requisiti richiesti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione della costruzione. L’art. 36, invece, richiede che la costruzione rispetti entrambe le discipline urbanistica e edilizia vigenti al momento della realizzazione dell’opera e al momento di inoltro della richiesta di sanatoria.

La norma prevede, altresì, la possibilità del rilascio del permesso in sanatoria anche condizionata, ossia subordinata “alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo.”.

Diversamente dall’art. 36 TU Edilizia, il nuovo art 36 bis qualifica diversamente il silenzio dell’amministrazione cui viene inoltrata la richiesta del permesso in sanatoria; infatti, se l’amministrazione non risponde dopo 45 giorni, tale silenzio avrà valore di assenso(l’ultimo comma dell’articolo 36, invece, qualifica il silenzio come rigetto).

Il dottore Vito Bonanno ha sollevato qualche perplessità sulla tenuta costituzionale di questa previsione, anche alla luce della sentenza n. 42 del 2023 della Corte costituzionale con la quale è stato chiarito che in materia di edilizia – anche secondo un’interpretazione monolitica della giurisprudenza amministrativa – il silenzio dell’amministrazione ha valore di rigetto, poiché è necessario che l’autorità comunale si esprima con provvedimento motivato, a tutela del regolare assetto del territorio e degli interessi di eventuali controinteressati.

 

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