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Orientamenti giurisprudenziali

Conformi:

Cass. civ. sez. Unite, n. 16986/2022

Cass. civ. sez. Unite, n. 8456/2022

Cass. civ. sez. Unite, n. 1394/2022

Cass. civ. sez. Unite, n. 12642/2021

Cass. civ. sez. Unite, n. 7822/2020

Cass. civ. sez. Unite, n. 34447/2019

Cass. civ. sez. Unite, n. 8770/2016

Cass. civ. sez. Unite, n. 23832/2007

Corte cost. n. 114/2018

Difformi:

Non si rinvengono precedenti in termini

Giudice ordinario e tributario: quale limen?

Partendo dal dato normativo, l’art. 2, D.Lgs. n. 546/1992, modificato sia nel 2001 che nel 2005, ai fini dell’individuazione del giudice competente ha attribuito alle commissioni tributarie (oggi Corti di Giustizia tributaria, grazie alle modifica ex L. n. 130/2022) «tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica».

Limitandosi al tenore letterale della norma, la linea di demarcazione della giurisdizione tributaria va individuata con gli atti di esecuzione successivi alla notifica della cartella di pagamento o, ove previsto, all’intimazione di pagamento ex art. 50, D.P.R. n. 602/1973 consistente, quest’ultima, nell’avviso che il concessionario della riscossione deve notificare al debitore prima di intentare l’esecuzione forzata ove la stessa non sia iniziata entro l’anno dalla notifica della cartella di pagamento.

Sono invece attribuite al giudice ordinario le sole controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata, seppur posti in essere sul presupposto di un atto impositivo di natura tributaria, in genere attivabili con il rimedio delle opposizioni esecutive.

Quale criterio per individuare la giurisdizione?

Per capire se sia competente il giudice ordinario o quello tributario non si deve far più riferimento alle allegazioni mosse dal debitore – ovvero distinguendo a seconda che prospettino l’invalidità della notifica delle cartelle ed il maturarsi della prescrizione comunque in epoca anteriore alla stessa o ove si assuma maturata la prescrizione successivamente a tale notifica, validamente compiuta – quanto dalla natura, esecutiva o meno, dell’atto impugnato.

Infatti, la notifica della cartella di pagamento, o la sua vana impugnazione dinanzi al giudice tributario, consolida la pretesa fiscale rendendo irretrattabile il potere impositivo. Di conseguenza tutte le successive contestazioni sfuggono dalla giurisdizione del giudice tributario, restando così devoluta a quello ordinario la cognizione sulle questioni che riguardano la legittimità formale del pignoramento, a prescindere dalla notifica della cartella, nonché la cognizione con riferimento ai fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatasi dopo la notifica della cartella e, comunque, una volta che l’esecuzione tributaria sia stata avviata (Cass. civ. sez. Unite n. 34447/2019; Cass. civ. sez. Unite n. 7822/2020).

È devoluta inoltre alla giurisdizione tributaria la cognizione di ogni questione con cui si adducano fatti (modificativi, impeditivi o estintivi) inerenti la pretesa sostanziale – sia di forma che di esistenza – incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia nulla. Diversamente appartengono alla cognizione del giudice ordinario le questioni riguardanti la legittimità formale dell’atto esecutivo come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti, nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata “in executivis” successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione.

In buona sostanza, il discrimine tra giurisdizione tributaria e ordinaria dev’essere ricercato nell’atto esecutivo, essendo devoluti al giudice ordinario questioni su fatti incidenti anche in senso sostanziale sulla pretesa tributaria ove sia l’atto esecutivo medesimo ad aver assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (Cass. civ. sez. Unite n. 12642/2021; Cass. civ. sez. Unite n. 1394/2022 e Cass. civ. sez. Unite n. 8456/2022).

Pertanto, anche qualora il contribuente assuma che la prescrizione si sarebbe verificata per il decorso del tempo dopo una valida notifica della cartella di pagamento o a prescindere dalla mancanza della notifica o della sua inesistenza o nullità, la questione va risolta ponendo attenzione al dato normativo (art. 2, comma 1, secondo periodo, D.Lgs. n. 546/1992), evidenziando che la cognizione del giudice tributario deve arrestarsi unicamente di fronte agli atti di esecuzione, non potendosi annoverare, tra questi, l’intimazione di pagamento, la cui impugnazione è specificatamente prevista dinnanzi al giudice tributario dall’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992 (Cass. civ. sez. n. 23832/2007; Cass. civ. sez. n. 16986/2022). In tali occasioni, la Cassazione precisò che apparteneva al giudice tributario la cognizione di questioni attinenti a fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo costituito dalla cartella esattoriale, quale atto prodromico all’esecuzione (Cass. civ. sez. n. 8770/2016).

Infine, giova ricordare come la giurisdizione del giudice ordinario sussiste dunque in tutte le controversie che si collocano a valle della notifica della cartella di pagamento, dove non v’è spazio per la giurisdizione del giudice tributario ex art. 2, D.Lgs. n. 546/1992 e l’azione esercitata dal contribuente assoggettato alla riscossione, che non riguardi la mera regolarità formale del titolo esecutivo o di atti della procedura deve qualificarsi come opposizione all’esecuzione ex art. 6125 c.p.c., essendo contestato il diritto a procedere a riscossione coattiva (Cass. civ. sez. Unite n. 34447/2019; Corte cost. n. 114/2018).

L’opposizione all’esecuzione tributaria è trasferita al giudice tributario: in quali casi?

Nel DDL Delega per la riforma fiscale si torna nuovamente sul tema della giustizia tributaria, con interventi più mirati e selettivi rispetto a quanto già contenuto nella precedente Legge del 31 agosto 2022, n. 130. Tra le possibili novità, trovano spazio le opposizioni regolate dagli articoli 615, secondo comma e 617, c.p.c., che saranno proponibili dinnanzi al giudice tributario, con le modalità previste dal D.Lgs. n. 546/1992, solo in determinati casi.

Quindi, si andrà a modificare l’art. 57, D.P.R. n. 602/1973, consentendo al ricorrente di proporre l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi davanti al giudice tributario solo laddove si lamenti la mancata o invalida notificazione della cartella di pagamento oppure dell’intimazione di pagamento di cui all’art. 50, comma 2, D.P.R. n. 602/1973, tenendo conto sia delle indicazioni della Corte costituzionale (sent. 114/2018) e della successiva giurisprudenza di legittimità.

Così in tali situazioni, invece che proporre l’opposizione davanti al giudice civile, si dovrà adire quello tributario, ossia la Corte di Giustizia tributaria competente.

La vicenda

Con atto di citazione ex art. 615, comma 1, c.p.c., proposto innanzi al giudice ordinario – nella specie il Tribunale di Catanzaro – un contribuente impugnava un’intimazione di pagamento, notificata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, con riferimento alle pretese di pagamento, relative ad IRAP, contenute in tre cartelle di pagamento, per le annualità 2011, 2012 e 2012, in quanto era maturata la prescrizione quinquennale delle stesse. L’Ente, costituitosi in giudizio, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello tributario, chiedendo altresì la riunione del giudizio, per ragioni di connessione, con altro pendente tra le stesse parti dinnanzi ad altro giudice della medesima sezione del Tribunale di Catanzaro.

Il giudice di prime cure, nel rigettare la domanda attorea, ha ritenuto che la prescrizione del credito erariale, ossia di un fatto estintivo incidente in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, maturata dopo la notifica della cartella di pagamento ma prima della notifica dell’intimazione di pagamento, doveva essere fatta valere dinnanzi al giudice tributario, titolato della giurisdizione in materia (ad esclusione delle sole controversie inerenti agli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notificazione della cartella di pagamento).

Così il Tribunale di Catanzaro, dichiarando il difetto di giurisdizione, ha condannato altresì il contribuente al pagamento delle spese legali dell’ente della riscossione.

Riferimenti normativi

Art. 2, D.Lgs. n. 546/1992

Art. 19, D.Lgs. n. 546/1992

Art. 615 c.p.c.

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