Nel caso di bene in comunione legale tra coniugi non si può vendere solo la quota indivisa, ma si deve liquidare l’intero immobile e poi restituire il 50% del ricavato al coniuge non debitore.
È legittimo pignorare, mettere all’asta e vendere un immobile in comunione tra i coniugi anche se il debito è stato contratto solo da uno dei due. Non rileva neanche il fatto che sia intervenuta una separazione dei beni dopo la trascrizione del pignoramento.
A stabilirlo è stato il Tribunale di Potenza in una recente sentenza [1].
La vicenda
Una donna si era opposta alla vendita della casa coniugale in comunione con il marito; l’immobile era stato pignorato a causa dei debiti personali contratti dall’uomo.
La coppia, ritenendo di salvare la casa dall’esecuzione forzata, aveva anche provveduto alla separazione dei beni, ma lo aveva fatto dopo che il creditore aveva già trascritto il pignoramento nei pubblici registri immobiliari.
Il giudice ha così rigettato il ricorso della donna. La separazione dei beni, infatti, non è servita ad evitare la vendita dell’immobile in comproprietà, nonostante il debito fosse di uno solo dei due.
La sentenza
A differenza di quanto accade nella comunione ordinaria – nella cui ipotesi è possibile pignorare la semplice “quota indivisa” del bene – in presenza di una comunione legale tra coniugi può essere aggredito solo il singolo bene comune e non la “quota indivisa” di esso.
Pertanto, in caso di bene ricadente in comunione legale, l’unica cosa da fare è vendere l’intero immobile e soddisfare i creditori del coniuge debitore sulla metà del somma ricavata. In altre parole, bisognerà procedere alla vendita del bene e il ricavato andrà diviso in due quote: la prima dovrà essere restituita al coniuge “non debitore”, la seconda invece andrà ripartita tra i creditori del coniuge “debitore”.
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