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Il provvedimento di sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo, pronunciato dal giudice dell’opposizione a precetto ai sensi dell’articolo 615, primo comma, c.p.c., per ragioni inerenti la qualità soggettiva del creditore procedente, impedisce l’inizio di una nuova esecuzione al solo creditore opposto; quel provvedimento invece non impedisce ad altri soggetti, dichiaratisi anch’essi creditori sulla base del medesimo titolo, di iniziare una nuova esecuzione sulla base di esso. È quanto stabilito dalla Cassazione con ordinanza 25 agosto 2023, n. 25264.

D. C., essendo munito di titolo esecutivo giudiziale, notificò alla propria debitrice U. s.p.a. atto di precetto.

Propose opposizione all’esecuzione la U. s.p.a., sostenendo che l’efficacia esecutiva del titolo era stata sospesa dal giudice dell’esecuzione, nel corso di altro e precedente giudizio di opposizione a precetto, anch’esso proposto dalla UCM s.p.a. avverso l’esecuzione fondata sul medesimo titolo, iniziata dalla società C. & C. s.a.s..

Il Tribunale di Agrigento rigettò l’opposizione, reputando che l’efficacia del titolo messo in esecuzione non fosse sospesa.

La sentenza fu appellata dalla F. S. s.r.l.

La Corte d’appello di Palermo accolse il gravame e, con esso, l’opposizione agli atti esecutivi.

La Corte d’appello:

– qualificò l’appellante come “successore” del debitore per effetto di “cessione di debito”;

– ritenne che, sospesa l’efficacia del titolo esecutivo dal giudice dell’opposizione all’esecuzione iniziata dalla società C., “nessun’altra azione esecutiva poteva essere minacciata o intrapresa dal creditore” in forza del medesimo titolo.

La sentenza d’appello è stata impugnata da D. C. con ricorso fondato su quattro motivi.

In particolare, col secondo motivo il ricorrente, prospettando la violazione degli artt. 615 e 623 c.p.c., nonché dell’art. 2909 c.c., sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha accolto l’opposizione della banca, e ritenuto che “nessuna esecuzione poteva essere intrapresa” sulla base di quel titolo esecutivo.

Nell’illustrazione del motivo il ricorrente prospetta una tesi così riassumibile:

– il titolo esecutivo da lui messo in esecuzione era una sentenza di condanna pronunciata a favore della C. s.a.s., ed a carico della Unicredit;

– sulla base di quel titolo venne iniziata una prima esecuzione, a nome della società C. s.a.s., ma dopo l’estinzione della società; la Unicredit propose in quel caso opposizione a precetto e il Tribunale, dopo avere sospeso l’efficacia del titolo, dichiarò nullo il precetto;

– a questo punto D.C. iniziò una seconda opposizione, sulla base del medesimo titolo, ma questa volta nella veste di ex socio accomandatario della disciolta società e successore di questa nel credito verso la banca;

– rispetto a questa nuova e diversa procedura esecutiva nessun rilievo poteva avere l’avvenuta sospensione dell’efficacia del titolo, disposta nel corso della precedente e diversa opposizione esecutiva, per di più ormai conclusa.

Il motivo è manifestamente fondato.

È ben vero, come affermato dalla Corte d’appello, che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, disposta dal giudice dell’opposizione a precetto exart. 615, comma primo, c.p.c., ha una efficacia esoprocessuale, o “esterna” che dir si voglia: in pratica, impedisce al creditore sia di proseguire l’esecuzione minacciata, si di iniziarne una nuova.

Non è men vero, però, che il suddetto provvedimento vincola soltanto le parti rispetto alle quali è stato pronunciato.

Sicché, una volta sospesa l’efficacia del titolo messo in esecuzione dalla C. s.a.s. (in quanto soggetto inesistente al momento dell’inizio dell’esecuzione), l’unico effetto d’una tale decisione era inibire alla C. s.a.s. la prosecuzione dell’esecuzione o l’inizio di una nuova esecuzione.

Quella decisione, tuttavia, non inibiva affatto ad altri soggetti di iniziare l’esecuzione in base al medesimo titolo, se legittimati per effetto di successione, per l’ovvia considerazione che anche la pronuncia ai sensi dell’art. 615 c.p.c., così come qualunque pronuncia giudiziale, può vincolare solo le parti del giudizio (art. 2909 c.c.).

La Suprema Corte, pertanto, cassa la sentenza impugnata, enunciando il seguente principio di diritto: “il provvedimento di sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo, pronunciato dal giudice dell’opposizione a precetto ai sensi dell’articolo 615, primo comma, c.p.c., per ragioni inerenti la qualità soggettiva del creditore procedente, impedisce l’inizio di una nuova esecuzione al solo creditore opposto; quel provvedimento invece non impedisce ad altri soggetti, dichiaratisi anch’essi creditori sulla base del medesimo titolo, di iniziare una nuova esecuzione sulla base di esso”.

Esito:

Cassa, con rinvio, la sentenza della Corte d’appello di Palermo 23 luglio 2021 n. 1251.

Riferimenti normativi

Art. art. 615, comma 1, c.p.c.

Art. 2909 c.c.


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