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La casa è salva dalle eurogrinfie in materia di catasto e tasse sulla eredità, pericoli concreti di cui ha parlato il Giornale lo scorso 9 maggio. Ma soldini in arrivo ce ne sono pochi: la promessa dell’esecutivo di una riforma fiscale (come la flat tax) ha un respiro di legislatura, i primi benefici sul cuneo fiscale e sulla detassazione parziale delle tredicesime si faranno sentire entro fine anno.

Da qualche giorno però i proprietari di case che rischiano di perdere l’immobile per i loro problemi finanziari hanno un’arma in più. «Tutti i pignoramenti, dello stipendio e immobiliari, i decreti ingiuntivi e i precetti promossi da banche, finanziarie e istituti di credito possono esser sospesi, anche dopo che il decreto ingiuntivo su cui si fonda l’esecuzione forzata è divenuto definitivo», spiega l’avvocato Claudio Defilippi.

Al tribunale di Milano, lo scorso 23 maggio, è stata applicata per la prima volta dal giudice Mariapia Galli la sentenza emessa il 6 aprile 2023 dalle Sezioni Unite della Cassazione, la numero 9479, che recepisce i principi fissati dalla Corte di Giustizia europea, che ruota intorno al diritto del privato cittadino all’abitazione e che si applica anche alle procedure esecutive in corso. Il debitore sottoposto a un pignoramento immobiliare ha diritto di presentare opposizione all’esecuzione e quindi di bloccare l’asta giudiziaria in presenza di un contratto contenente almeno una delle clausole vessatorie previste dal Codice del consumo all’articolo 33. «In assenza di motivazione c’è il dovere di controllare la presenza di eventuali clausole che abbiano effetti sul credito», si legge nella motivazione, partita da una decisione del tribunale di Busto Arsizio.

Di quali clausole parliamo? Di quelle particolarmente svantaggiose per il consumatore, vietate dalla Direttiva Ue numero 93 del 2013. Se secondo il giudice ci sono, l’ipoteca è nulla ed il pignoramento (come la successiva vendita all’asta) va bloccato. Le più frequenti riguardano il calcolo degli interessi (vedi il rischio usura o anatocismo), il diktat sul giudice competente che potrebbe non essere quello «naturale» previsto dal codice penale (motivo della sentenza della Cassazione), un preavviso irragionevole e comunque inferiore a 15 giorni, alcune modifiche unilaterali ma anche commissioni nascoste, strani costi di istruttoria o di estinzione anticipata o, in generale, clausole non oggetto di negoziato (vedi i moduli prestampati). Una boccata d’ossigeno per gli italiani in bolletta anche a causa dell’eccessiva durata dei procedimenti per accertare una pretesa di tributi a volte indebita, tanto più che – come spiegano alcuni commercialisti milanesi – la rottamazione quater non darà i risultati sperati. «Certe maxirate sono insostenibili, bisogna spalmare i debiti su più mesi altrimenti è inutile», spiega un professionista alle prese con diversi contribuenti in attesa di accedere ai benefici. Il recente decreto legge 51 ha infatti prorogato il termine della domanda (fissata oggi al 30 giugno) e ha fissato al 31 ottobre il pagamento in unica soluzione, mentre le restanti rate (fino a 18) restano con scadenza 30 novembre, 28 febbraio, 31 maggio e 31 luglio di ciascun anno.

Lo scenario resta preoccupante: l’inflazione

resterà ampiamente sopra il 2% almeno fino al 2025, erodendo il potere d’acquisto degli italiani e i benefici del taglio delle tasse in busta paga e minacciando la crescita del Pil italiano. La casa sembra salva. Per ora.

 

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