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  • Il diritto di abitazione è un diritto reale di godimento su cosa altrui, che attribuisce al titolare il diritto di vivere in un’abitazione.
  • Il diritto in esame può essere costituito mediante contratto, per legge, o con testamento. Esso può anche durare tutta la vita del beneficiario.
  • Il diritto di abitazione è una particolare tipologia di diritto di usufrutto: tuttavia, se ne distingue per alcuni aspetti, tra cui il regime fiscale.

Il diritto di abitazione è il diritto di vivere in un’abitazione altrui, che viene disciplinato dalla legge dagli artt. 1021 ss c.c. Questo è un diritto che viene in genere concesso in ambito familiare.

Per esempio, a seguito della crisi coniugale può essere assegnato il diritto di abitazione sulla casa familiare al coniuge collocatario dei figli minori o non autosufficienti. La legge prevede anche che, in caso di morte del proprietario, la casa sia assegnata al coniuge se era adibita a casa familiare.

Nel seguente articolo intendiamo offrirti una guida completa al diritto di abitazione. Ti spiegheremo in cosa consiste, quali sono facoltà ed oneri nascenti dal diritto. Inoltre, ti indicheremo come si costituisce e come si estingue.

Esamineremo poi le due principali ipotesi di attribuzione del diritto di abitazione, quindi il diritto del coniuge superstite e l’assegnazione della casa familiare da parte del giudice. Risponderemo ad importanti interrogativi, per esempio se si estende il diritto di abitazione anche sulla seconda casa al mare o in montagna.

Infine, individueremo anche le differenze rispetto al diritto di usufrutto, che costituisce il diritto reale di godimento di riferimento per stabilire la disciplina da applicare all’intera categoria. 

Cosa significa avere il diritto di abitazione?

Il diritto di abitazione è disciplinato dagli artt. 1021 a 1026 c.c. Esso costituisce un diritto reale di godimento su cosa altrui: ciò significa che viene attribuita la facoltà di godere del bene ad un soggetto diverso dall’effettivo proprietario.

Ha una funzione essenzialmente personale: infatti, sono previsti anche dei limiti quantitativi dalla legge al godimento della cosa. La normativa prevede anche alcuni divieti per il titolare del diritto, quali quello di cessione e locazione. 

La normativa in questione fa riferimento al diritto d’uso e di abitazione, ciò in quanto la norma si occupa di disciplinare l’ipotesi in cui il diritto attribuisca al titolare – detto usuario – il diritto di servirsi sia di una cosa mobile che immobile – anche beni fruttiferi. 

Come l’usufrutto, anche il diritto di abitazione può essere costituito mediante contratto, testamento, usucapione e per legge. I diritti in esame, per la loro funzione, non possono essere ceduti o dati in locazione.

Per approfondire il tema dei diritti reali ti consigliamo anche di leggere: Guida al diritto di proprietà

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Iscrizione nei registri immobiliari

Normalmente, per tutti i diritti reali su beni immobili, è necessario procedere alla trascrizione negli appositi registri immobiliari del catasto. Solo tramite questo adempimento il diritto di abitazione è opponibile ai terzi, cioè un eventuale acquirente non potrà richiedere il rilascio del bene. 

Per la trascrizione è necessario allegare una serie di documenti, tra cui:

  • l’atto da cui ha origine il diritto di abitazione o una scrittura autenticata da notaio che accerta l’esistenza del diritto. Per esempio, in caso di assegnazione della casa familiare deve essere allegato il provvedimento del giudice;
  • l’atto di acquisto dell’immobile, che comprova il requisito del diritto di proprietà del concedente, dove sono riportati anche i dati catastali dell’immobile.

Quando il diritto cessa, questo deve essere trascritto, eventualmente mediante trascrizione dell’atto da cui consegue la cessazione, come nel caso dell’assegnazione della casa familiare, che vedremo nei successivi paragrafi. 

Approfondisci la questione leggendo anche I diritti reali: cosa sono e quali sono

Diritto a raccogliere frutti

Il diritto attribuisce anche, in caso di cosa fruttifera, il diritto a raccogliere i frutti, in questo caso entro il limite individuato dal legislatore del bisogno suo e della sua famiglia. Si è discusso se tale limite avesse ad oggetto solo la possibilità di trarre frutti o anche lo stesso diritto di abitazione in sé considerato.

Tuttavia, si ritiene che il vincolo sia limitato al solo diritto di trarre frutti, anche perché pacificamente si consente di attribuire il diritto d’uso e abitazione sia a persone fisiche, entro il limite della vita degli stessi, sia a persone giuridiche, entro il termine di 30 anni. Dunque, è solo il diritto di trarre frutti che è subordinato alla condizione e che opera rispetto alle persone fisiche necessariamente.

Il bisogno, inoltre, deve essere valutato secondo le condizioni sociali del titolare del diritto, come previsto dall’art. 1021 co 2 c.c.. Tale disposizione, tuttavia, sembra porsi in contrasto con il principio di uguaglianza. 

Ambito della famiglia

L’ambito della famiglia, a tal fine comprende, il coniuge e i figli adottivi, nonché i minori affidati. Secondo l’interpretazione maggioritaria, tuttavia, ai fini del diritto di uso nell’ambito della famiglia dovrebbe essere esteso anche agli ascendenti, fratelli e affini in linea retta, purché conviventi e in stato di bisogno.

Si comprendono, infine, per espressa disposizione di legge, le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla famiglia i propri servizi.

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Qual è il contenuto del diritto di abitazione?

Il diritto di abitazione attribuisce il diritto di abitare una casa. Questo diritto è una specificazione del diritto d’uso. Come abbiamo già detto, tale diritto non è cedibile né può essere dato in locazione.

Il diritto di abitazione non consente infatti di destinare l’immobile ad altri usi, diversi da quello abitativo, per esempio di adibirlo ad ufficio o realizzare un magazzino. Serve esclusivamente a garantire una casa al titolare, limitatamente ai suoi bisogni. 

Il soggetto vanta delle facoltà limitatamente al diritto di godere del bene, non ha il diritto di disporne, che è la seconda componente che caratterizza il diritto di proprietà. Ciò significa che il titolare non può porre in essere alcun atto dispositivo sul bene oggetto di diritto. Dunque, il titolare non potrebbe mai procedere all’alienazione dell’immobile. 

Il diritto comporta una serie di obblighi in capo a chi possiede l’immobile. Questo ha l’onere di sostenere le spese, procedere alle riparazioni ordinarie e pagare i relativi tributi. Tuttavia, se il titolare non raccoglie i frutti o non occupa una parte della casa, egli è tenuto a contribuire solo nei limiti di ciò che gode, quindi in proporzione ad essi.

Nel caso in cui, invece, sia pignorato il bene immobile su cui grava il diritto reale di godimento, il pignoramento non si estende al diritto in questione. Il diritto di abitazione, infatti, è impignorabile.

Potrebbe anche interessarti leggere: Configurabilità del “diritto reale di uso esclusivo” in ambito condominiale

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Quando si estingue il diritto di abitazione?

Il diritto di abitazione si estingue al verificarsi di alcuni eventi come:

  • morte del titolare;
  • prescrizione, derivante dal non uso del diritto per almeno 20 anni;
  • consolidazione, cioè quando il titolare del diritto di abitazione acquista la piena proprietà;
  • perimento del bene, ad esempio in caso di demolizione o crollo della casa;
  • rinuncia del titolare del diritto di abitazione;
  • scadenza del termine indicato nel contratto costitutivo del diritto.

Quanto abbiamo detto risponde anche ad altro interrogativo, cioè cosa accade alla morte del titolare del diritto di abitazione. Infatti, si potrebbe pensare che il diritto in questione si trasmetta agli eredi del beneficiario.

In realtà, non è così, infatti, in caso di morte del beneficiario, il diritto in questione, che viene concesso in godimento ad uno specifico soggetto, si estingue e non è trasmesso ad altro soggetto.

Approfondisci il tema leggendo anche: Diritti reali immobiliari: cosa sono e a cosa servono

Diritto di abitazione e successione ereditaria

In materia successoria la legge, all’art. 540 c.c., contempla espressamente un’ipotesi di diritto di abitazione riservato ex lege in favore del coniuge superstite sulla casa adibita a residenza familiare, unitamente al diritto di uso sui mobili che la corredano. 

I diritti di abitazione e uso sono considerati come dei legati imposti dalla legge, che si trasferiscono al coniuge immediatamente all’apertura della successione, indipendentemente dall’accettazione dell’eredità.

Essi, inoltre, gravano sulla c.d. porzione di disponibile, cioè quella parte del patrimonio di cui il defunto avrebbe potuto disporre liberamente, perché non è riservata ai successori detti legittimari. Laddove questa porzione sia insufficiente, questo diritto grava sulla quota che è riservata al coniuge e su quella riservata agli altri legittimari. 

Il diritto di abitazione del coniuge superstite non sussiste quando il coniuge abbia volontariamente interrotto la convivenza e abbia stabilito altrove la propria residenza. Ciò, per esempio, è stato detto rispetto al coniuge separato senza addebito, perché in questo caso non è possibile individuare un immobile adibito a residenza abituale del nucleo familiare. 

La giurisprudenza ha poi individuato il presupposto del diritto di abitazione, nella sentenza n. 15000 del 2021. In tal sede, la Corte di Cassazione afferma che il presupposto perché sorgano a favore del coniuge superstite i diritti di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la arredano è che la suddetta casa e il relativo arredamento siano di proprietà del “de cuius” o in comunione tra lui e il coniuge

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Quando il coniuge superstite perde il diritto di abitazione?

Il coniuge superstite ha diritto di abitazione per tutta la durata della sua vita, quindi è tendenzialmente imprescrittibile. Tuttavia, possiamo desumere dalla giurisprudenza che individua nel presupposto del diritto di abitazione una conseguenza. 

Dalla pronuncia, infatti, consegue che deve negarsi la configurabilità dei suddetti diritti nell’ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo. In questo caso, il bene non si considera di proprietà del defunto

Il diritto in questione, inoltre, non si intende neanche nato: per tale ragione non è possibile neanche chiedere un indennizzo in denaro. 

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Diritto di abitazione del coniuge superstite sulla seconda casa

Il diritto di abitazione del coniuge superstite non sussiste neanche sulle seconde case, per esempio quella al mare o in montagna, anche se frequentata con regolarità. 

Recentemente suddetto concetto è stato anche ribadito dalla Cassazione (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7128 del 10 marzo 2023), per la quale il diritto di abitazione non può comprendere due (o più) residenze alternative, oppure due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea.

Si è osservato che la nozione di casa adibita a residenza familiare comporta comunque l’individuazione di un solo alloggio costituente, se non l’unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.

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Diritto di abitazione e assegnazione della casa familiare

Il diritto di abitazione può anche essere concesso in sede di separazione o divorzio, al coniuge con cui convivono i figli della coppia. Il giudice procede in questo caso all’assegnazione del diritto di abitazione della casa familiare al collocatario dei figli minori o non autosufficienti.

Il giudice provvede all’assegnazione con apposito provvedimento, che attribuisce il diritto. L’interessato può tutelare il diritto tramite la trascrizione, opponibile ai terzi che procedono all’acquisto della casa. In caso di trascrizione, il terzo acquirente non può pretendere il rilascio dell’immobile, il quale continuerà ad essere abitato dal coniuge e dai figli dell’alienante.

Il vincolo in questione sopravvive fin quando è necessario adempiere al bisogno abitativo del figlio. Quando il figlio diventa autonomo, il giudice può revocare il diritto

Talvolta, la giurisprudenza ha anche sostenuto che, in caso di contrazione di nuove nozze, comunque può essere revocato il diritto anche se i figli non sono ancora autosufficienti. Ciò è stato giustificato affermando che, nel caso di specie, viene meno quello che è il contesto familiare originario, che si intende preservare con l’assegnazione della casa familiare.

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Trascrizione e cancellazione dal catasto

Per rendere opponibile il diritto di abitazione è necessario procedere alla trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare, ovvero annotare il diritto nei registri immobiliari, presso il catasto, al fine di produrre effetti verso i terzi.

Se non si trascrive, il provvedimento resta comunque opponibile, ma per una durata limitata di nove anni. In tal senso, la trascrizione non è né necessaria né obbligatoria. 

Laddove si intenda procedere alla trascrizione, questa deve essere effettuata entro un mese dall’emissione del provvedimento, altrimenti dovrà essere pagata una sanzione di 13 euro.

Anche l’eventuale provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare, da cui consegue la cessazione del diritto di abitazione, deve essere oggetto di trascrizione. In tal modo, è come se si cancellasse il diritto di abitazione dal catasto.

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Differenza tra diritto di abitazione e usufrutto

Per quanto non espressamente disposto, poi, si applica la disciplina dell’usufrutto, limitatamente a quanto compatibile. L’usufrutto può essere considerato come il diritto reale di godimento di riferimento per la disciplina. Il giudizio di compatibilità dovrà essere condotto dall’interprete sulla scorta della peculiare funzione personale del diritto di abitazione.

Tra diritto di abitazione e usufrutto esistono comunque delle differenze significative, che possiamo individuare brevemente. In primo luogo, un elemento distintivo tra usufrutto e diritto di abitazione riguarda l’oggetto. Infatti, il diritto di abitazione ha ad oggetto il diritto di abitare in un immobile. L’usufrutto, invece, può gravare sia su beni mobili sia sui beni immobili di qualsiasi tipologia. 

Inoltre, un’altra differenza tra i due diritti reali di godimento riguarda il contenuto. Il titolare del diritto di abitazione può vivere nell’immobile entro il limite dei bisogni della propria famiglia, mentre il titolare del diritto di usufrutto può anche cedere e dare in locazione a terzi il diritto in questione.

Altra distinzione riguarda la procedura esecutiva: l’usufrutto, infatti, ammette il pignoramento, mentre per quello di abitazione si ritiene sia escluso, dato che non è ammessa neanche la cessione e locazione.

Infine, da un punto di vista prettamente fiscale, il titolare del diritto di abitazione deve pagare l’IMU, le spese di ordinaria manutenzione e le imposte sul reddito. Nel caso dell’usufrutto, invece, le imposte sull’immobile spettano al nudo proprietario, così come le spese straordinarie di manutenzione.

Per approfondire l’argomento, ti consigliamo anche di leggere: Usufrutto casa: significato, come funziona la vendita, cosa comporta

Diritto di abitazione – Domande frequenti

Cosa significa gravato da diritto di abitazione?

Un bene immobile è gravato da diritto di abitazione quando è concesso ad un soggetto diverso dal proprietario di vivere stabilmente nell’immobile.

Come si comunica il diritto di abitazione?

Il diritto di abitazione può essere costituito per contratto, testamento o anche per previsione di legge, come accade nel caso del diritto di abitazione del coniuge superstite.

Cosa occorre per trascrivere il diritto di abitazione?

Come tutti i diritti reali su cose immobili, anche il diritto di abitazione deve essere trascritto al fine di renderlo opponibile ai terzi. Per la trascrizione è necessario l’atto da cui si evince l’esistenza del diritto e l’atto di acquisto del bene che contiene i dati catastali.

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